Diego jr: «Una giornata a Nisida nel ricordo di mio padre»

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Una giornata diversa. Una giornata speciale. Diego Maradona junior e i Foja si sono recati a Nisida per portare a conclusione l’iniziativa annunciata lo scorso 22 giugno in occasione dell’uscita della versione in napoletano de «La Mano de Dios», brano di Alejandro Romero, portata al successo mondiale da Rodrigo e tradotta per l’occasione dai Foja. Sono stati consegnati ai ragazzi dell’istituto penale minorile di Nisida strumenti musicali tra cui chitarre, ukuleli, bonghetti, tammorre e tarabuka, e abbigliamento e accessori sportivi (completini di calcio personalizzati, palloni, guanti, casacche, etc.).
Diego, che giornata è stata? «Indimenticabile. Una delle più belle della mia vita».
Come è nato questo progetto? «Tutto è frutto del grande lavoro dei Foja e del de Napoli United, una società che da sempre appoggia questo tipo di manifestazioni sociali».
Cosa ha portato a casa da questa giornata? «Mi sono reso conto che a volte il mondo è così lontano dalla tua quotidianità che diventa disarmante. Vedi delle situazioni che non vorresti vedere. Questi ragazzi sono la sconfitta della nostra società. Sono lì, in carcere, invece di godersi la loro gioventù».
Cosa ha pensato? «Voglio essergli ancora più vicino. Ho due figli piccoli che quando cresceranno saranno uomini e ragazzi con voglia di legalità. Mi sento responsabile da persona adulta».
Come è andato l’incontro con i ragazzi di Nisida? «Abbiamo parlato di tutto. Io ho raccontato loro la mia esperienza con il Covid perché mi sembra giusto sensibilizzare i ragazzi a vaccinarsi. L’ho vissuto sulla mia pelle e so cosa vuol dire stare 15 giorni con l’ossigeno in ospedale. Poi abbiamo parlato della mia esperienza da allenatore del Napoli United e dell’integrazione. Avremmo anche dovuto giocare una partita di calcio, ma non c’è stata la possibilità causa meteo: diluviava».
Solo rimandata? «Certamente. Ne ho già parlato con il direttore Guida e tornerò a prescindere. Perché è stata una bella esperienza anche per me».
Si è parlato anche di Maradona, suo padre? «È stato davvero toccante. Perché un ragazzo mi ha chiesto: Ti manca tuo padre?. Ed è stata una cosa che mi ha lasciato il segno. Davvero mi ha colpito nel profondo. Anche perché nessuno di questi ragazzi ha vissuto mio padre da calciatore, sono tutti nati dopo. Molto dopo. Eppure il nome di Maradona si tramanda di generazione in generazione, come se tutti lo avessero visto e vissuto in campo. Per altro mi hanno detto che papà fece una visita simile all’istituto minorile Filangieri poco dopo il suo arrivo a Napoli. E indirettamente mi sono sentito ancora più legato a lui in questo gesto. Associare papà a questo bel progetto per i riguardi dì giovani è un onore e un’emozione unica».
E ora? «Mi auguro che la nostra visita abbia lasciato un segno anche in questi ragazzi. Grazie a Givova abbiamo portato a tutti loro dei completino con numero 10 e la scritta «La mano de Dios», adesso potranno allenarsi e alla prossima visita saranno pronti per la partita di calcetto che è rimasta in sospeso».

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B. Majorano (Il Mattino)

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