ESCLUSIVA – Stefano Iaconis: “La pandemia è diventata la nemesi del calcio”

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Il calcio nei prossimi giorni saprà, attraverso il Governo e il comitato scientifico, se potrà o meno “ritornare” all’attività agonistica. In ballo c’è di tutto, anche l’aspetto economico, ma come si è sempre detto, la salute sarà messa in cima alle valutazioni. Di questo e della situazione relativa alla pandemia, ilnapolionline.com ha parlato con l’opinionista Stefano Iaconis.

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Segui il Liverpool da tantissimo tempo, cosa ti ha affascinato sin dal primo momento dei “Reds” e cosa li rende un club con così tanto fascino? “Seguo i Reds dagli anni ’70. All’ epoca la famosa “ambientazione scenica”, per la quale oggi molti appassionati del Liverpool delirano, “You’ll never walk alone” conquista molti più proseliti, per fascino, che la squadra stessa, non esisteva. O meglio, aveva una sua rappresentazione che si incastrava perfettamente nella partita ed in tutto ciò che la squadra inglese, al tempo certamente tra i tre o quattro clubs per fascino autentico più titolati del pianeta football, rappresentava. Mi sono “innamorato”, pur da tifosissimo del Napoli, del gioco, dei colori, delle notti europee, e di un calcio che non esiste più, oggi, che il Liverpool incarnava appieno, trasmesso da televisori in bianco e nero con manopole in luogo dei telecomandi. E, naturalmente, anche di Anfield Road. Suggestione purissima”.

Il calcio sta cercando di trovare il modo per ripartire, in attesa di avere il giudizio dal comitato scientifico e dal Governo. Cosa pensi in merito? Il calcio ha, forse, trovato la sua nemesi autentica in questa pandemia. Nulla rischia di tornare ad essere come prima. E probabilmente nemmeno il football. Impossibile dimenticare che il vecchio continente è stato il luogo dove il virus si è espanso in maniera più violenta. Questo potrebbe condurre, ad esempio, i calciatori sudamericani a disertare il palcoscenico europeo. In Italia, poi, come nel Regno Unito, la violenza del male ha toccato picchi davvero terrificanti. Le conseguente potrebbero essere devastanti. Calcio a porte chiuse, calendari diversificati, trasferte faticose per sopravvenuta difficoltà legata ai controlli ed alla sicurezza. La stagione è oramai saltata, tutto quello che si sta studiando a tavolino, per permetterne la ripresa, fa sorridere. Immaginare un tour de force come quello che si prospetta, per concludere ogni manifestazione è da brividi. Un danno economico, dunque, clamoroso. Soprattutto per i diritti TV. Il calcio ha perso slancio. Ristabilire la quiete è diventato per tutti primario. Il resto viene dopo”.

In Italia invece c’è la divisione tra chi vuole ripartire e chi non vuole che si torni al calcio giocato. Tu da che parte stai, con la probabilità delle gare a porte chiuse? “Il calcio a porte chiuse? Fa onestamente ridere. Si leva il pathos, l’adrenalina. Si perderebbe completamente il senso della rappresentazione sportiva che vive della magia dell’ambiente. Meglio aspettare che si risolva ogni cosa. Per ripartire nel rispetto di un gioco che, per esaltarsi, ha bisogno di tutte le sue componenti primarie. Il pubblico è una di quelle”.
Negli ultimi giorni si vede tanta gente senza mascherina, con l’inizio della fase 2. Cosa pensi di questa “apertura”? “Credo che se abbiano dato il via libera, seppure con un occhio bene aperto alle misure di sicurezza, lo abbiano fatto sapendo che il rischio potrebbe essere calcolato. Il caldo in arrivo, il virus depotenziato nella sua minaccia, e sopra ogni cosa i numeri favorevoli, penso siano un segnale di ottimismo. Dopo tre mesi di terrore, nei quali il mondo sembrava potesse finire nel baratro di una fine improvvisa, la gente vuole tornare alla normalità. Io lo trovo normale. Ripeto, se dai il via libera, devi sapere che esiste la seria possibilità di ritrovarti con un nuovo punto e daccapo. Ed è un rischio che, a mio avviso, bisogna correre. C’ è solo un modo per uscire dal problema, adesso. Entrare nel problema. Può sembrare un paradosso, ma non lo è. E’ una questione mentale, ora. Va affrontata. E battuta”.
Intervista a cura di Alessandro Sacco
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