Dalla morte di Ciro Esposito ai “buu” razzisti negli stadi. Ma il calcio è ancora lo spettacolo più bello del mondo?

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Ciro Esposito era un ragazzo come tanti, con una vita normale, con sogni e speranze per il futuro. Si divideva tra casa, lavoro, fidanzata e…il suo Napoli. Quel giorno era anche lui in trepidante attesa, di assistere a quella “maledetta” finale di Coppa Italia, che la sua squadra del cuore si giocava con la Fiorentina all’Olimpico di Roma. Ciro quella partita non la vedrà mai, la sua giovane vita fu stroncata proprio quel pomeriggio mentre andava allo stadio, dalla furia assassina di chi vive di violenza e che tutto travolge, come un fiume in piena. Da quel 3 maggio sono passati tre anni, e la giustizia sta facendo il suo corso, ma una logica, anche apparente, alla sua morte, ancora non è stata trovata. Ciro ha perso la vita per l’amore infinito per il suo Napoli! E per averlo seguito in quella trasferta così importante.

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Tanto è stato scritto, e tante parole hanno la parvenza di pura retorica, ma ricordarlo, specie oggi, è doveroso, è un obbligo morale per tutti quelli che amano il calcio puro, il tifo pulito, fatto solo di passione. La sua morte però, purtroppo, non è servita a placare gli animi di chi ancora oggi negli stadi vive di violenza, e come colonna sonora intona cori razzisti e offensivi. Nemmeno una tragedia simile, è riuscita a fermare le voci, e a volte, la mano, di questi personaggi, che non fanno altro che sfogare la loro repressione, portandola allo stadio. Non più tardi di qualche giorno fa abbiamo assistito all’ennesimo “buu” razzista nei confronti di un giocatore di colore. Stavolta si è trattato di Sulley Muntari, il centrocampista del Pescara nella gara al Sant’Elia contro il Cagliari. Tutto questo ha fatto riaprire una voragine in questo senso, semmai si fosse chiusa, ed è diventato ormai palese che c’è bisogno di pene più severe per chi commette questi, che sono a tutti gli effetti dei reati.

Morte Ciro Esposito: 'Ciao eroe', striscione davanti autolavaggio dove lavorava

Quando succedono queste cose, la prima considerazione che viene, spontanea, è che l’evoluzione umana è andata a farsi benedire per questa gente. Offendere e considerare un altro essere inferiore, solo per il colore della pelle o perchè proveniente da una determinata zona geografica è pazzesco, considerando anche, che siamo in un’era in cui l’uomo ormai le vacanze le può programmare sulla luna! La personalità, il carattere di una persona certo non dipendono dalla pelle più scura o più chiara, e soprattutto non dal luogo di provenienza. Ormai in quasi tutti gli stadi, a prescindere dalle squadre che scendono in campo, c’è chi inneggia al Vesuvio, e lo prega di fare piazza pulita dei napoletani, succede al Nord, ma succede anche a Sud di Napoli, vedi i cori razzisti dei tifosi foggiani o quelli dei palermitani. Nonostante però la follia di queste cose, e in barba a chi dice che i napoletani fanno le vittime, c’è una costatazione da fare, i PARTENOPEI non si lasciano condizionare, anzi ci ridono su, forti del fatto che il Vesuvio al contrario di quello che pensano, è la loro “Montagna Sacra”, quella che con le sue mani abbraccia e protegge. Le parole non bastano, non bastano mai, ma servono, e, devono essere, insieme a leggi più severe, quel segnale che serve a svegliare le coscienze, prima di chi si appella a questi gesti vergognosi, e poi, di chi materialmente ha il dovere e il potere di agire per evitare che in futuro si ripetano.

A cura di Emilia Verde

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