Medici condannati, Piermario Morosini si poteva salvare

Un dolore che si rinnova, perchè Piermario Morosini, giocatore del Livorno, morto su un campo di calcio, poteva essere salvato. Bastava un defribillatore. Il Giudice monocratico del Tribunale di Pescara, Laura D’Arcangelo, ha condannato i medici e ieri sera ha motivato la sentenza. In sintesi, «erano tenuti all’uso del defribrillatore che avrebbe avuto un’alta percentuale di tenerlo in vita, tra il 60 e il 70 per cento». Perciò Vito Molfese del 118 (1 anno), Manlio Porcellini (8 mesi) ed Ernesto Sabatini (8 mesi), sanitari rispettivamente di Livorno e Pescara, sono stati ritenuti responsabili della morte dell’atleta. Quando Piermario si accasciò l’intervento fu immediato, ma nella concitazione non fu usato il defibrillatore. Una volta stabilito che il defibrillatore era presente sul campo, il giudice si è occupato di individuare le responsabilità di chi avrebbe dovuto utilizzarlo. «Poiché il Dae è uno strumento di facilissimo utilizzo – ha rimarcato il Giudice – è del tutto evidente come il suo utilizzo debba essere parte del necessario bagaglio professionale di qualsiasi medico, anche non specialista. L’utilizzo del defibrillatore in tale frangente costituisce una procedura codificata e non connessa ad alti livelli di specializzazione». Si era molto discusso su chi avrebbe dovuto acquisire la leadership del soccorso, il Giudice ha ritenuto che «il referente del gruppo fosse la persona più esperta nella specifica attività in corso, che in questo caso era sicuramente Molfese, il quale avrebbe dunque dovuto assumere il ruolo di leader». (CdS)

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