AMAZON punta su Napoli, tra alcuni giorni nuovo incontro per la “nuova avventura nello spazio”

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Il nuovo incontro ci sarà tra qualche giorno, messaggi e contatti dei diretti interessati stanno lì a confermarlo. A due mesi dal primo, incoraggiante rendez vous, tornerà a Napoli Michael Callari, braccio destro del fondatore di Amazon, Jeff Bezos, per approfondire la possibile collaborazione tra Blue Origin, la società del magnate Usa attiva nei voli spaziali, e il sistema aerospaziale campano. Sono i preliminari di un percorso che al momento è tutto o quasi ancora da definire ma che, senza eccedere in facili entusiasmi, ha solide basi per poter iniziare. Di sicuro il calcio non c’entra nulla: dietro l’interesse di Bezos per Napoli, purtroppo, i colori azzurri non hanno posto. C’è invece la volontà di verificare la fattibilità di un progetto industriale che fa leva da una parte sulle risorse finanziarie di Blue Origin e la sua ambizione di coprire una quota maggioritaria dei futuri traffici commerciali nello spazio; e dall’altra sulla riconosciuta affidabilità del polo aerospaziale napoletano e campano, una garanzia ormai anche fuori dei confini nazionali. E per polo si intende anche la qualità dei saperi e della ricerca assicurata dal sistema delle università, Federico II in testa, il sostegno del credito locale, a partire dalla Bcc di Napoli, la concretezza delle aziende e dell’indotto. Un sistema a tutti gli effetti, insomma, che dovrebbe trovare la sua sintesi operativa in un obiettivo tanto suggestivo quanto costoso e complicato: la realizzazione di una stazione spaziale privata o giù di lì sul modello dell’ISS, la Stazione spaziale internazionale in orbita terrestre bassa, gestita dalle cinque più importanti agenzie pubbliche spaziali (dalla Nasa agli europei dell’Esa).

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IL PROGRAMMA

L’idea, a quanto pare, è di utilizzarla per rendere sempre più possibili i collegamenti con la Luna e Marte gestendo rotte che, come si ritiene, diventeranno molto più frequenti di oggi aprendo nuovi scenari ad attività commerciali, per non dire dei viaggi turistici che già sono quasi all’ordine del giorno almeno per chi può permettersene la spesa. La visionarietà di Bezos, che possiede una costellazione di satelliti per le telecomunicazioni, troverebbe un importante (anche se probabilmente non l’unico) supporto tecnologico a Napoli e in Campania in termini, per esempio, di componentistica, di ricerca avanzata sui materiali, di meccanismi di controllo dei voli spaziali, di competenze all’altezza. Ma l’elenco delle possibili aree di collaborazione è molto ampio. E se «l’approccio umano vale più di tutti o di tanti algoritmi», come osserva con arguzia Amedeo Manzo, presidente della Bcc partenopea e protagonista del primo faccia a faccia a Napoli con Callari, sarà sicuramente il peso delle best practices la vera, inevitabile frontiera dell’eventuale accordo. Ma anche da questo versante Napoli sta messa piuttosto bene se si pensa che l’interlocutore iniziale di Virgin Blue è stato il Consorzio Ali di Napoli Est (l’acronimo sta per Aerospace Laboratory for innovative components), nato da una start up innovativa sostenuta dalla Bcc («Una delle 1.500 che abbiamo finanziato in questi anni» dice con comprensibile orgoglio Manzo) che già con gli americani è di casa. Nel 2019 a Gianturco ospitò una delegazione della Nasa, guidata dal premo Nobel Donald Ellerby, per la presentazione della tecnologia Irene, un innovativo sistema di protezione termica e di aerofreno progettato e sviluppato da Ali e dal Centro Italiano Ricerche Aerospaziale (Cira). Praticamente, una sorta di «ombrello» realizzato con materiali innovativi grazie ad un progetto tutto napoletano, che mira guarda caso – alla conquista di Marte.
Detta così, sembrerebbe decisamente una strada percorribile quella del matrimonio tra Bezos e la città del golfo. Ma, come ripete Luigi Carrino, presidente del Distretto aerospaziale campano, altra tappa della prima visita di Callari a Napoli, serve la massima prudenza prima di sbilanciarsi: «Questa è la fase più delicata perché si può mandare a rotoli un dialogo appena avviato anche con un piccolo errore di presunzione». Piedi per terra, insomma, anche se si fa fatica parlando di progetti aerospaziali. Oltre tutto, com’è accaduto per altre location di grandi investimenti in città o in Campania, il rischio che altri territori possano inserirsi nella trattativa è reale.
A voler guardare comunque al futuro con un pizzo di ottimismo in più c’è anche il fatto che Bezos e Napoli sono già una storia vera. Nel senso che in provincia, ad Arzano, Amazon ha aperto nell’estate 2019 il primo deposito di smistamento del Mezzogiorno. E che di recente in quel sito l’occupazione a tempo indeterminato crescerà fino a 100 unità (con qualifica sarà di operatori di magazzino) rispetto alle 30 originariamente previste. Vuol dire poco di fronte all’ipotesi del progetto aerospaziale Usa-Campania ma è difficile non leggere in positivo il segnale che arriva dall’e-commerce targato Bezos: un segnale che, come ha spiegato un nuovo studio di Ambrosetti sui bilanci delle grandi aziende private in Italia, assegna alla società americana un primato importante. Amazon ha creato più posti di lavoro in Italia negli ultimi 10 anni in termini assoluti, registrando inoltre un tasso di crescita di 28 volte superiore rispetto alla media delle grandi imprese italiane nel periodo 2011-2020.

A cura di Nando Santonastaso (Il Mattino)

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