Amarcord – Rubrica di Stefano Iaconis: “Colpiti ed affondati”

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Venivamo dal “The Dell”. Uno stadio spazzato dal maestrale proveniente dal canale della Manica. Era stato in settembre, da detentori della coppa Italia, conquistata appena tre mesi prima a Roma. Il secondo trofeo della storia del Napoli. Un quattro a zero rocambolesco al Verona, venuto in dieci minuti. Gli ultimi dieci minuti. Una partita consegnata alla storia. Al “The Dell”, nel sud Inghilterra, avevamo incontrato il Southampton, una tignosa squadra albionica, detentrice della f. a. Cup, la coppa d’Inghilterra, la manifestazione più affascinante e suggestiva dell’Europa calcistica. Che il Southampton aveva conquistato, battendo in finale, uno a zero, a sorpresa, il formidabile Manchester United, a Wembley. La squadra di Mike Channon, centrattacco con la maglia numero otto, ariete della nazionale dei leoni, e spauracchio delle difese della lega inglese. Southampton e Napoli a sfidarsi, per contendersi la coppa italo inglese, un antico e dimenticato trofeo, che vive solo nei ricordi di un calcio epico, giocato tra la vincente della coppa Italia ed i trionfatore della coppa d’Inghilterra. Nel vento di una serata di quasi autunno, sebbene fosse settembre, la squadra di Pesaola era stata sconfitta, si, ma solo per uno a zero. La montagna inglese, nonostante un assedio durato novanta minuti, aveva partorito la miseria di un solo topolino, il gol di Williams che pareva, agli spocchiosi biancorossi, bastasse per portarsi a casa il trofeo. A Fuorigrotta si giocò la partita di ritorno. Gli inglesi avevano dichiarato:Questi sono robetta, andiamo a Napoli e portiamo la coppa a casa”. Invece fu un incubo. Per loro. Cinquantamila ruggiti li accolsero all’ingresso in campo, ed a loro, abituati al caldo, ventoso, ma minuscolo “The Dell”, parve di essere entrati all’inferno. Resistettero alle folate azzurre, mettendo in mostra un calcio ruvido, fatto di tackles robusti, e lunghi lanci a cercare a catapulta le loro punte, ma Chiarugi rimontò il loro vantaggio su calcio piazzato. La parabola perfetta, dal limite dell’area, si spense nell’angolo alto alla sinistra di Turner. Sugli spalti il popolo azzurro impazzì di gioia. Bruscolotti raddoppiò, di mezzo volo, folgorando ancora Turner, appena incominciata la ripresa. Il punteggio ribaltato e gli inglesi a vacillare. Schiumando rabbia, increduli. Lawrie Mc Menemy, il tecnico dei Saints dall’espressione arcigna, perse le staffe, inscenando un litigio dalle panchine con il “Petisso” Pesaola, cosa che caricò ancora di più il pubblico di Fuorigrotta. Il Napoli si chiuse a difesa del doppio vantaggio. Con il San Paolo a fare trincea assieme alle maglie azzurre. Fu Speggiorin, rapido e folgorante, a segnare il terzo gol, volando in contropiede, saltando un avversario in dribbling, e slacciando un sinistro che fece venire giù il San Paolo. Mancavano sette minuti e, per la seconda volta in pochi mesi, “Oje vita” salì potente verso il cielo annunciando una nuova vittoria. Ancora Speggiorin andò a siglare il quattro a zero, con gli inglesi in rotta e demoralizzati. Un risultato incredibile che vestì Fuorigrotta a festa. Il piccolo Napoli sconfisse la spocchia inglese. Affondandola. Come un Titanic qualunque. Il Napoli vinse la coppa italo inglese. Sarebbe splendido, poter giocare ancora quel trofeo. Splendido e affascinante. Sarebbe un rigurgito di felicità. A volte basta così poco, perché il calcio torni all’ancora nel suo porto. Il passato.

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di Stefano Iaconis

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