Il Mattino – “Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato. Addio ex comandante”

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Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato

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Ci siamo amati, abbiamo fatto insieme molte cose belle e altre, soprattutto la più importante, le abbiamo fallite; insieme siamo comunque cresciuti – forse tu più di noi – ci siamo sostenuti e ci siamo esaltati in un percorso irripetibile. Abbiamo, appunto, dato e ricevuto. Ma poi basta, poi è finita: in fondo l’amore è eterno finché dura, e il nostro è andato a sbattere contro la porta di quel Palazzo, l’hai distrutto tu scegliendo l’unica via che non ti perdoniamo, che non potremo perdonarti mai. Quindi addio, Maurizio, addio ex comandante. Tu con quella J stilizzata sulla giacca blu, tu nuovo anfitrione del detestato Stadium, tu prossimo idolo di quelli che ad ogni partita, in qualsiasi stadio, contro qualunque avversario è a noi che pensano per augurarci ogni male possibile, è contro di noi che aizzano il povero inconsapevole Vesuvio perché si decida finalmente a lavarci con il fuoco. Potevi scegliere mille squadre, giusto per questa hai firmato, considerando un anno al Chelsea sufficiente a chiudere i conti con il passato. Un anno appena ti è bastato, per mettere la giusta distanza fra te e la squadra per la quale hai tifato fin da bambino, fra te e un sogno straordinario. Un anno appena fra te e un popolo che ti aveva scelto come il suo portabandiera, come il simbolo di un cambiamento possibile, di un destino non per forza già scritto.
E invece a cambiare sei stato tu. Il tuo destino è cambiato, il nostro no. Ed è per questo che questa telenovela ci fa rabbia, e non riusciamo a distaccarcene. Non ancora. Non prima di aver messo un po’ in ordine i pensieri. Pensieri da tifoso un po’ affranto un po’ confuso. Perché vedi, Maurizio, ex comandante passato nelle linee nemiche, il tuo D-day in casa strisciata, ieri, ci ha parecchio spiazzato. Certo il profumo dei soldi gioca il suo ruolo, tutto quell’understatement, quei passi ovattati, gli orologi importanti, le valigette da uomini d’affari. Bella scena, alla quale ti sei immediatamente adeguato: giacca e cravatta invece della tuta (ma quella sul campo la terrai, eccome se la terrai, i princìpi magari si rinnegano ma il personaggio no), sorsate d’acqua al posto della sigaretta, mano ben piazzata sulla guancia invece che dita libere di cercare il naso. Bei discorsi: le infrastrutture che non ci sono, i bambini da conquistare, i cori razzisti da sconfiggere. Discorsi da Juventus, discorsi da Chelsea, discorsi da Palazzo insomma. Contrapposti a discorsi su tifosi piagnoni, cioè su noi, sui napoletani incapaci di capire la differenza tra passione e professione, tra rispetto dei contratti finché quei contratti sono in vita, e rispetto per la carriera. In definitiva la differenza tra l’amore, che può essere sconfinato e indiscutibile, e l’ambizione. Che può esserlo molto di più.
Sai una cosa, neomister noncolorato? A tuo modo, pur da ex comandante ci hai indicato un’altra volta la via. E lascia perdere se per ora non riusciamo ad imboccarla. Perché una cosa buona può, deve venire da questa separazione definitiva fra te e noi, da questa frattura insanabile tra i valori (i nostri) e il tradimento (il tuo): la riappacificazione fra tutti i tifosi azzurri, i sarristi e gli ancelottisti, i solomaglisti e i risultatisti, tutti finalmente tornati soltanto azzurri e interessati esclusivamente al grande sogno nel cuore. Francamente non se ne può più, fa soltanto male. Dovremmo soprattutto trarre, da questa parabola calcistica, il succo del suo insegnamento: se uno lavora e fa bene il suo mestiere può arrivare in alto, può ottenere il meglio, qualsiasi cosa si intenda per alto e per meglio, naturalmente. Dovremmo concentrarci, tutti, sulla sfida che ci lancia questa tua scelta: lavorare per batterti, per superarti, battendo e superando al tempo stesso, finalmente, i nostri limiti strutturali, societari, di mentalità. La scommessa è tutta qui: crescere, come hai fatto tu. Anzi, crescere meglio di te: perché tu hai cambiato idea, in fondo ti sei arreso alla scorciatoia, ma qui siamo in tanti, ancora, a cullare la sentimentale illusione che possa bastare giocare bene per superare ogni ostacolo, che possa bastare la lealtà e il rispetto delle regole a costruire una classifica giusta, che basti la cazzimma – te la ricordi, la cazzimma? – a stupire il mondo. Però nel frattempo niente, guarda quello che gira in rete: solo sfottò, solo ironie feroci. E tanta, troppa, inutile voglia di resa dei conti. La rivalsa degli anti-sarristi su chi, anche dopo la fine di quella esaltante stagione, ha avuto il torto di rimpiangere la sua grande bellezza. Quella stessa bellezza per la quale la nostra odiata rivale ti è venuta a cercare «con una determinazione mai vista» (e a noi è venuto in mente l’avvocato Agnelli che chiedeva a Maradona di mettere sull’assegno la cifra che voleva e lui diceva assolutamente no, ma quelli erano altri tempi altri uomini e un altro calcio). La determinazione, comunque, che due anni fa si è perduta nei corridoi di Castel Volturno, per un concorso di colpe le cui differenti entità è ormai inutile provare a ricercare.
Passerà, andrà come è andata per l’ameba Higuain, per Ciro Ferrara eterno yuppie, per Josè Altafini core ngrato. Chissà perché ogni volta che siamo contenti per qualcosa o qualcuno arrivano questi strisciati e ce la scippano, poi dice che li detestiamo. Ma andremo avanti, archivieremo i tre anni più belli della nostra storia recente, spegneremo i riflettori su questa telenovela durata pure troppo. Abbiamo avuto, abbiamo dato. Ne usciremo a testa alta, come ogni volta che con te abbiamo provato inutilmente a vincere. Per ora speriamo di non trovare in giro la carta igienica con la tua faccia, il sacchetto dell’immondizia con dentro le tue cicche di sigaretta e cose così, se non succede significa che saremo stati capaci di non disperdere il valore della riconoscenza, che quella – solo quella – te la dobbiamo, tutto il resto lo buttiamo alle ortiche, maglietta rossa compresa. Buona vita, ex comandante, ci rivediamo al San Paolo. Ah, non lo riconoscerai: con i soldi delle Universiadi lo stiamo rimettendo a nuovo. Quanto al Palazzo non c’è problema, un buon allenatore ce l’abbiamo pure noi, ci arriveremo anche senza di te. In fondo tu hai Ronaldo, ma la cazzimma è sempre nostra.

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