Dall’Inter del Triplete al Napoli delle Coppe Italia. La carriera di Gordan Pandev è stata un’altalena di emozioni, passando da un trofeo all’altro. Alla faccia del gregario, il macedone era uno che sapeva lasciare il segno. Senza mai alzare la voce, accettando spesso anche il ruolo di comprimario, perché alla fine la sua capacità di fare gol e di fare squadra lo portava a diventare insostituibile per tutti gli allenatori.
Oggi guarda la classifica di serie A, sorride e dice a se stesso: «Che bello vedere due delle mie ex squadre che lottano per lo scudetto». Inter e Napoli rappresentano le pagine più belle della sua carriera.
Pandev, ma alla fine lo scudetto chi lo vince?
«Sono sicuro che fino alla fine la lotta sarà aperta e spero che vinca una delle due».
Dice “spero” perché teme una sorpresa?
«Beh, anche l’Atalanta può entrare nella lotta. Dopo che è uscita dalla Champions e dopo aver visto la prestazione di Empoli si deve per forza metterla dentro nella corsa al titolo. Gasperini ha una rosa ampia e sta recuperando tanti calciatori».
Proviamo a fare le carte al campionato partendo dal Napoli.
«È arrivato un allenatore vincente come Conte, uno che ha un carattere forte e mi dispiace che abbia avuto tantissimi infortuni. Poi hanno venduto il giocatore chiave come Kvara che poteva fare la differenza nel 4-3-3. Diciamoci la verità: Kvara poteva vincere le partite da solo. Pensavo che il mercato potesse aiutare la squadra ma la società lavora sempre in questo modo, segue questa linea oramai da anni».
Andiamo oltre…
«L’Inter è l’Inter e se giochi con quella maglia sai che devi vincere sempre. Hanno la squadra più forte con ricambi di qualità in tutti i ruoli. È vero che hanno avuto un piccolo calo, ma restano sempre la squadra da battere. Sono abituati a vincere e sanno cosa vogliono».
E poi c’è il terzo incomodo.
«L’Atalanta ha cambiato un po’ il modo di giocare in Italia. A me piacerebbe vedere vincere una squadra che non parte tra le favorite. Gasperini ce la può fare perché gli hanno costruito una squadra per vincere e si sono rinforzati tantissimo. Adesso hanno un unico obiettivo e possono approfittare dello scontro diretto del Maradona. Conosco bene Gasp e so come gioca. Fanno tanti gol e si divertono».
Lei conosce bene anche Simone Inzaghi.
«Abbiamo giocato insieme alla Lazio e già a quei tempi era malato di calcio: conosceva tutti i calciatori, anche quelli di serie C. Pensa al calcio 24 ore su 24 e sono contento per lui per quello che sta facendo».
Allenatore già a quei tempi?
«Assolutamente sì. In campo rompeva sempre. Mi diceva “Devi fare questo movimento”, “Vai in profondità”. Ero giovane e per me è stato di grande aiuto anche solo con le parole».
Restiamo sul passato: se le diciamo Napoli…
«Mi emoziono ancora. È una città che mi ha lasciato tantissimo. La mia famiglia si è trovata una meraviglia e quando siamo andati via, mia moglie e i miei figli piangevano tutti. Giocare con quella maglia ti dà un valore unico».
Dal punto di vista calcistico cosa le ha lasciato?
«Diciamo che ho avuto la fortuna di giocare con grandissimi campioni: da Lavezzi a Cavani, da Mertens a Higuain. E poi quando sono arrivato ho trovato il fattore Mazzarri».
Ovvero?
«Quella squadra giocava a memoria ed era facile inserirsi. Mi sono divertito da morire a giocare in quegli anni».
Lei arrivò a Napoli dopo l’Inter con la quale aveva vinto il Triplete…
«Ma la scelta è stata quasi naturale».
Davvero?
«Quando andavo a giocare contro il Napoli mi impressionava l’atmosfera dello stadio: era un’emozione grandissima, anche da avversario. Poi in quegli anni il Napoli era in crescita e ho colto subito l’opportunità. Mazzarri mi voleva a tutti i costi: ricordo che mi chiamava ogni giorno e infatti poi mi avrebbe voluto con sé anche all’Inter e al Torino ma non fu possibile».
Ha vinto due coppe Italia con il Napoli, ma ci sono stati anche momenti amari.
«La finale della Supercoppa italiana di Pechino nel 2012 fu una delusione enorme. Facemmo una grande partita contro la Juventus e perdere in quel modo non fu bello. Sono convinto che oggi con il Var non avremmo perso mai, anche se i bianconeri erano altrettanto forti. Ma ho l’amaro in bocca anche per l’eliminazione dalla Champions nel 2013».
Perché?
«Uscire con 12 punti nel girone è stata una mazzata. Facemmo una competizione pazzesca, un rammarico enorme. Eravamo in un girone difficile ma avevamo fatto una cosa incredibile. Sono convinto che se avessimo superato il turno saremmo potuti arrivare in fondo».
Il suo ricordo di Napoli la portò a consigliare la maglia azzurra al suo connazionale Elmas…
«Gli dissi: “Vai a Napoli, vinci e non te lo dimenticherai mai”. Detto, fatto. Io ho vinto due coppe Italia e ricordo la festa, quando hanno vinto lo scudetto immagino cosa è potuto succedere ed Elmas rimarrà nella storia. Ecco perché quando gli ho parlato l’ho convinto in un secondo ad accettare».
Chi è il Pandev del Napoli di Conte?
«Raspadori mi ricorda tantissimo perché anche a me piaceva agire dietro la prima punta. Sta facendo bene anche se mi rendo conto sia stato difficile per lui trovare lo spazio giusto. È stato condizionato un po’ dai moduli. Ma campioni così al Napoli servono sempre».
Ora il Napoli sta cercando anche il miglior Lukaku…
«E ha ragione perché è l’uomo che sta mancando in questo momento. Sappiamo tutti cosa può dare in termini di gol e prestazioni. Se Conte lo ha voluto così fortemente a Napoli ha le sue ottime ragioni perché lo conosce meglio di tutti».
Cosa gli manca?
«Se torna ad essere il leader del gruppo può prendere la squadra per mano. Lo dico perché ha esperienza e ha vinto tanto. Deve tornare quello che era in passato e non deve sentire tanta pressione. Si deve sentire libero».
Ma Pandev ha già deciso cosa fare da grande?
«Fare l’allenatore non mi è mai piaciuto».
E allora?
«Ora sto facendo il direttore generale della federazione macedone e mi sto divertendo un mondo».
Ci dica di più.
«Innanzitutto trascorro tanto tempo in Macedonia. E poi ho trovato una cosa che mi dà la stessa gioia di quando facevo gol».
Di cosa si tratta?
«Scoprire un talento ti fa sentire felice proprio come quando vedevo il pallone entrare in porta. È una sensazione bellissima. È vero che ci sono tanti viaggi da fare, ma abbiamo iniziato a girare l’Europa per cercare ragazzi con origini macedoni e portarli in nazionale. I viaggi sono tanti, ma sono ripagati dalla gioia nel vedere che tanti sono anche i ragazzi pieni di talento».
Fonte: Il Mattino

