Il virus fa impennare la mortalità al Nord, il Sud è più al riparo

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Numeri dei decessi che schizzano verso l’alto al Nord e in particolare in Lombardia, mentre fanno segnare incrementi contenuti (o restano stazionari) al Centro-Sud. Le statistiche generali sulla mortalità disegnano un quadro del fenomeno coronavirus non troppo diverso, sul piano territoriale, da quello che appare dal quotidiano conteggio delle vittime. E in qualche caso particolare – come quello dei centri più martoriati dal contagio – fanno pensare che i numeri forniti dal sistema sanitario sul Covid-19 non catturino in pieno l’effettivo andamento dei decessi.
Le fonti da cui provengono le cifre sono due: l’Istat, che da alcune settimane diffonde anticipazioni dei dati sulla mortalità ricavati dalla nuova anagrafe digitale, e il ministero della Salute, che da anni ha messo in piedi un sistema di sorveglianza dei decessi in una ventina di città campione, con l’obiettivo originario di valutare il diffondersi della normale influenza stagionale. Lo stesso istituto di statistica, a proposito della propria rilevazione, mette in chiaro che non si riferisce ad un campione significativo, perché i Comuni selezionati sono quelli che hanno aderito all’Anagrafe nazionale della popolazione residente e nei quali a partire da marzo è emerso un incremento dei morti (per tutte le cause) di almeno il 20% rispetto alla media degli anni precedenti. In altre parole, sono stati selezionati in partenza città e paesi in cui l’anomalia del Covid-19 si è già manifestata. Anche con questo filtro iniziale, la differenza tra Nord e Centro-Sud balza all’occhio: in oltre la metà dei Comuni settentrionali il numero dei morti è più che raddoppiato tra il primo marzo e il 4 aprile rispetto alla media 2015-2019. Spiccano alcuni casi come quello di Bergamo, passato da 141 a 729 casi (dunque i morti sono quintuplicati) o di Brescia (da 212 a 638). Nei Comuni centro-meridionali invece un incremento di questa portata è stato rilevato solo in meno del 20 per cento dei casi.
L’Istat aggiunge un’altra notazione: nei mesi di gennaio e febbraio la mortalità generale era risultata più o meno in tutta Italia più bassa del previsto, a causa di un inverno meno rigido e di un’influenza non particolarmente aggressiva. Questo fa sì che anche in diversi centri in cui da marzo in poi c’è stato un aumento visibile dei decessi, il totale da inizio anno possa risultare invece in calo. Ed anche a Bergamo – ad esempio – l’incremento del 2020 (fino al 4 aprile) rispetto al 2019 risulta molto significativo (+147%) ma inferiore rispetto a quello dirompente rilevato dopo l’insorgere dell’epidemia. Fonte: Il Mattino

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