Panatta: “Il calcio dovrebbe cominciare a pensare alla prossima stagione”

Non si può essere solo scossi dal mondo economico-finanziario

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Se pensi al tennis italiano, pensi ad Adriano Panatta. E’ inevitabile. Un numero uno che è rimasto lo stesso. Se il mondo aveva Borg, l’Italia aveva Panatta. Non c’era storia: Panatta ha sempre avuto un suo modo di essere campione.
Panatta, di cosa sente di più la mancanza? «Non avere la libertà di muovermi, come ho sempre fatto, comincia a pesarmi. Ma mi rendo conto che è quello che bisogna fare adesso. Io non esco neppure a fare la spesa, tanto di modi perché ti arrivi la roba a casa ce ne sono. Vivo da anni al centro di Treviso e osservo il deserto dalla mia finestra. Qui tutti rispettano le restrizioni».
I ricordi la tengono compagnia? «Io non sono mai stato legato al mio passato sportivo, non ho mai avuto malinconia di quando giocavo, ho perso quasi tutti i trofei vinti in carriera, quando mi ritirai regalai tutte le mie racchette».
Si sente sempre poco europeo come ha scritto su Twitter? «Le reazioni dei Paesi del Nord mi hanno raggelato. Bisogna seguire le linee indicate da Draghi, la sua è una ricetta illuminante per uscire da questo momento. Questa Europa è troppo poco solidale, mi sembra un’associazione di Stati che sta assieme senza sentimenti, ma solo per ragione finanziarie. Vedo ancora troppo egoismo da parte certe nazioni. Boris Johnson all’inizio sembrava un cretino totale nel dire certe cose, ma mi pare che si sia rinsavito dopo che in Inghilterra hanno finalmente capito la gravità».
Infatti, hanno cancellato Wimbledon. «Non potevano fare diversamente, lì i campi in erba in autunno non sarebbero stati la stessa cosa perché c’è bisogno di un certo clima, di una certa umidità per poterli tenere in maniera perfetta. E quindi non hanno potuto farlo slittare come invece hanno fatto gli organizzatori del Roland Garros che, con la terra battuta, non hanno di questi pensieri».
Come sarà il tennis dopo? «Per prima cosa vorrei capire quando ricomincia. Temo che non ci sarà voglia, nel breve, di affollarsi sugli spalti di un campo per vedere un match. Ci sarà diffidenza. Non so se sarà l’occasione di vedere meno tornei: in realtà, per i giocatori, quelli che valgono davvero sono 14, al resto partecipano per fare soldi, è solo un lavoro tra esibizioni, special events. Diventa tutto uno stress che trasforma molti in mestieranti più che a tennisti».
Lei non si faceva pregare per rinunciare ai tornei? «Roma, Montecarlo, Parigi hanno sempre avuto un grande fascino per me. Gli Australian Open non erano così importanti, invece. Era una trasferta che feci nel 1968 e ci misi tre giorni di viaggio per arrivarci».
Giusto non aver perso altro tempo per rinviare le Olimpiadi? «Si resta stupiti all’idea che ci abbiano pensato: gli atleti non sono nelle condizioni di prepararsi al meglio a un evento che è straordinario. Senza dimenticare le difficoltà che si sarebbero vissute negli impianti dei Giochi, nel Villaggio Olimpico».
Il calcio invece resiste alle pressioni. «La maggior parte degli operatori del mondo del pallone è mossa dal pensiero economico-finanziario. Che cosa ha a che vedere con il calcio e con lo sport in generale una partita a porte chiuse, senza tifosi e giocata ad agosto? Io non riesco a immaginarla: ho visto prima dello stop alcune partite con gli spalti vuoti e non mi è sembrato calcio. Capisco i mancati guadagni, ma devono rendersi conto che sarebbe meglio pensare già alla prossima stagione. Che pure non sarà facile».
La manfrina sulle gare di Champions ha peggiorato il quadro sanitario? «Scusi il termine giuridico, ma far giocare in quel modo Atalanta-Valencia è stata una enorme cazzata. In quel momento non ci volevano gli scienziati per capire che si giocava con il fuoco. Ed è andata male, perché quella gara ha fatto molti danni. Ma non mi meraviglio, basta pensare a come Trump ha sottovalutato la questione fino a poche giorni fa».
E ora i campi di Flushing Meadows sono stati occupati da strutture mediche? «Almeno serve. Sono spazi sterminati. Visto che non si può giocare, tornerà utile a tanti americani».

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Il Mattino

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