Dal dito medio alla querela, dal tradimento al Sarrismo, è tutto Napoli/Sarri

Il neo tecnico della Juventus parla anche del suo passato al Napoli

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Così ieri alle 11,02, riportato anche dal CdS, la conferenza stampa del neo allenatore della Juventus Maurizio Sarri tra il passato al Napoli alla nuova esperienza sulla panchina bianconera. 

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Da Sarri a Sarri: si può definire questa la scelta più rivoluzionaria della sua carriera? «Non lo so ma non lo penso. Bisognerebbe avere le idee chiare sul mio percorso. Io tre anni fa arrivo al Napoli e mi impegno a dare tutto me stesso, professionalmente e moralmente. Sono andato a Napoli perché da bambino ero tifoso del Napoli e perché a un certo punto ho la sensazione che a livello nazionale possiamo diventare competitivi. Poi, negli ultimi mesi, ho un dubbio tra l’affetto che provavo e la parte più logica di me stesso che pensava il ciclo fosse finito. La società mi ha tolto il dubbio, presentando Ancelotti: ma fu colpa mia perché il dubbio era mio. A quel punto ricevo offerte da società italiane importanti, ma io preferisco andare all’estero per non passare direttamente dal Napoli a un’altra società italiana. Faccio un’esperienza bellissima perché la Premier è un’esperienza bellissima, ma nella seconda parte di questa esperienza sento il bisogno di tornare in Italia e questa possibilità mi è offerta dalla Juventus, la società più importante d’Italia. Penso sia il coronamento di una carriera lunghissima e penso di aver rispettato».

Avrà avvertito gli echi dell’amarezza partenopea, la reazione della gente. Tra le tante accuse, ce n’è una dai tifosi e anche da qualche suo ex calciatore: le danno del traditore. «Ma no, io ho qualche sms che metterebbe tutto in discussione. Il giocatore fa le dichiarazioni per convivere in un ambiente, poi i messaggi personali sono altri e con altri toni. Lo ripeto, comunque: io penso di aver rispettato tutti perché per chi ho lavorato ho dato il 110%. E lo farò anche per questi colori, può essere poco, ma di più non posso fare. Penso siano scelte logiche, senza romanzarci tanto sopra».

Nella letteratura che la riguarda, c’è la tuta ma c’è soprattutto il Palazzo, il potere. «Ma io volevo andare seriamente a prendere il potere e lo scudetto. E quei discorsi rientravano in un terreno puramente professionale. Io in quel momento rappresentavo uno dei popoli che più di tutti amano la propria squadra e che non vince da 30 anni. Secondo me in quella stagione non potevamo stare su tre obiettivi, ne abbiamo scelto uno, provando a essere feroci e siamo stati in ballo fino alla fine. Si voleva il potere, lo scudetto, ed eravamo belli convinti. Non ci siamo riusciti, ma è stato un bel viaggio».

Sarri per Napoli non è stato (solo) un allenatore: e quel simbolo, quella icona, quel totem cosa si aspetterà quando tornerà al San Paolo con la Juventus e come si regolerà, invece, quando ascolterà cori razziali? «Io ho cambiato società ma non ho cambiato idea. Penso che in Italia sia ora di smetterla. E’ una manifestazione di un’inferiorità così netta che si respira negli stadi europei e che mi sembra sia arrivata l’ora di dissociarci tutti e dire basta. E’ giusto anche fermare le partite. Lo pensavo a Napoli, che è una delle squadre che subisce questo tipo di atteggiamento, lo potevo subire di più a Napoli perché sono nato a Napoli, ma la mia idea di fondo rimane la stessa. Basta, è ora di finirla. Per quanto riguarda il resto, non so cosa dire. Se quando uscirò dal San Paolo mi applaudiranno, sarà una manifestazione d’amore; e se mi fischieranno, sarà egualmente amore. Io da quello stadio uscirò volendo bene come prima».

Ascoltandola ora, viene un sospetto: che nei suoi tre anni di Napoli abbia quindi recitato una parte per sfidare la Juventus… «Assolutamente no, ho fatto tutto quello che potevo fare. Per dovere morale, perché stavo rappresentando un popolo che ama la propria squadra e non vinceva da 30 anni, per dovere professionale, perché dovevo tirare fuori il 110% da tutti. In più il coinvolgimento emotivo era forte, c’erano tutte le componenti perché io combattessi con la sciabola in mano per quei colori. Poi la storia è finita, si sa com’è finita, ho fatto un gesto di rispetto estremo, con la mia condizione familiare, andando via un anno, poi se c’è la possibilità di tornare e questo me la offre la più grande società italiana io devo rispettare la mia condizione. E l’hanno fatto in un modo che mi ha convinto abbastanza in fretta. Poi se si vuole ricamare sul passato non se ne esce, io faccio il racconto di quello che ho vissuto, senza recitare parti».

Ma cosa è stato e cosa è il Sarrismo? «Io non lo so cosa sia il Sarrismo. Ho letto sulla Treccani che è una filosofia calcistica e non solo. Io ho sempre vissuto e pensato così. Io sono questo, negli anni ho cambiato modo di vedere il calcio e la vita, ma spero di essere rimasto lo stesso nei concetti. Una persona diretta, forse anche troppo, che ha bisogno di sentirsi dire quello che pensano e dire quello che pensa. Questo porta a scontri, ma sono scontri risolvibili. L’irrisolvibile è sempre il non detto, quello che scatena i rancori. Penso che nel corso degli anni uno cambi visione, ma spero di non avere cambiato i concetti di fondo che ho sempre avuto».

Ha ricevuto messaggi dai calciatori del Napoli: e da De Laurentiis? «Non ho sentito il presidente con il quale tutti pensano abbia un brutto rapporto, ma io Aurelio lo ringrazierò sempre. Penso che poche volte un napoletano tifoso del Napoli abbia allenato la sua squadra. E’ stato un regalo enorme e gli sarò grato. Poi possono esserci divergenze ma fa parte dei caratteri. Non ho sentito Aurelio e comunque non dirò mai neanche sotto tortura i nomi dei giocatori che ho sentito, perché sono cose personali».

La storia che per avere i rigori servivano maglie a strisce? «Fu una litigata con Orsato al termine di un Empoli-Milan ma è stata utilizzata diversamente».

Il dito medio prima di Juventus-Napoli? «Reazione esagerata da parte mia, ma penso che fu ben vissuta e spiegata anche nel post partita. Io andai in sala stampa e dissi che avevo fatto un brutto gesto, un eccesso di reazione nei confronti di 15-20 stupidi, non nei confronti della Juventus. Non ho niente contro i tifosi della Juve, sono stato sempre in panchina in mezzo ai tifosi, poi se in mezzo a 45.000 persone ci sono 20 stupidi che ti sputano e ti dicono terrone di merda non li considero tifosi della Juventus».

E infine quando annunciò querela verso chi aveva scritto, anni fa, che sarebbe andato alla Juve? «Stavano dando una notizia priva di fondamento. In quel momento lo era, perché pensavo solo al Napoli. Ho vissuto tre anni in cui mi svegliavo la mattina e il mio primo pensiero era quello di sconfiggere la Juventus. La Juve vinceva e noi eravamo l’alternativa più credibile. Quello che ho fatto, posso averlo fatto con modi sbagliati, ma penso sia intellettualmente apprezzabile».

La Redazione

 

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