GdS – Paolo Cannavaro: “Fabio, la mia croce e la mia delizia! Napoli, tutto mi riporta lì, anche una casa piena di…Cannavaro!”

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Paolo Cannavaro non è più solo il fratello di Fabio. Un’etichetta con la quale ha convissuto per anni, ma che l’esperienza a Napoli gli ha scucito di dosso. Non riesce a nascondere la voglia di Napoli, la voglia di casa, il tifo per la sua squadra del cuore, anche se a volte qualche polemica, davvero inopportuna, deve gestirla. Ora è un punto fermo della difesa del Sassuolo eh ha parlato del suo rapporto con il fratello maggiore, della sua casa piena di “Cannavaro”, dei giovani promettenti del campionato italiano ai microfoni de La Gazzetta dello Sport.

Il fratello di Fabio: “Ci ho convissuto per anni con questa etichetta. Fabio è stato uno stimolo da bambino, un macigno e poi la più grande vittoria della mia carriera. Perché quell’etichetta me la sono tolta. Lui era uno dei difensori più forti di tutti i tempi. Io, a Napoli, il fratello di… Quando mi sono affermato a casa, tornando in A, vincendo la Coppa Italia contro la Juve, la più bella soddisfazione, l’etichetta è sparita.”.

Da Parma a Napoli. Cos’è Napoli per lei? «È casa mia, ci andrò a vivere, a Posillipo. Tutto mi riporta a Napoli. Sono tifoso e i miei figli di più, soprattutto Manuel, 15 anni, che come Adrian, 13 anni, gioca nel Sassuolo».

Dove c’è anche il figlio di Fabio. «Cristian, 17 anni, non voleva andare in Cina, fa una scuola internazionale a Modena e gioca nella Beretti del Sassuolo. Vive da noi, come successe a me con suo padre. Solo che io avevo la mia cameretta, lui dorme con i miei maschi. Calcio e Playstation e ogni sera tre borsoni da lavare».​

Da Mazzarri a Di Francesco: i due allenatori simbolo per lei. Differenze? «Uno difende a tre, l’altro a quattro. Io oggi dico che mi trovo meglio a quattro. E di esperienza ne ho fatta, sono nato “curando il 9”, con l’obbligo di non fargli toccare palla. Loro sono simili nel preparare la partita al video, nel curare i difetti dell’avversario, nella meticolosità».

Se le diciamo Benitez? «L’unico allenatore che non sono riuscito a convincere. Mi ha dato poche possibilità».

Se le diciamo Berardi? «Il futuro del calcio italiano. I grandi li ascolta ed è sempre disposto a migliorare. Mi ricorda Cavani: vuole far gol anche nell’11 contro 0. Se il Sassuolo vuole crescere può tenerlo, ma quest’estate temo che sarà più dura».

Il giovane che l’ha sorpresa di più? «Pellegrini, ricorda il primo Hamsik, grande mezzala. Ma cito anche Acerbi, il più forte difensore dopo i tre della Juventus, non sbaglia una partita da due anni».

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