Napoli-City. Insigne, la consacrazione del fenomeno

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 Lorenzo Insigne ha finalmente conquistato il popolo del San Paolo

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Insigne, Napoli-ManchesterAdesso sì, dopo una sconfitta che fa tanto male da indurlo quasi alle lacrime, lo si può dire: la metamorfosi di Lorenzo Insigne da giovane, bravo, umorale e indefinibile giocatore a vero asso e leader del Napoli, è finalmente del tutto compiuta. Contro il Manchester City, nella notte dei grandi rimpianti, delle sliding door che avrebbero potuto cambiare la storia della stagione in Champions (dal gol mancato di Callejon al gol su contropiede di Aguero), il talento di Lorenzo Insigne da Frattamaggiore, 26 anni compiuti a giugno, ha trovato modo di manifestarsi completamente, nel migliore dei modi: un gol stupendo, una traversa che grida vendetta e, soprattutto, la voglia matta di non mollare mai, di combattere fino all’ultimo secondo per provare a battere, o quantomeno contenere, gli Invincibili di Pep Guardiola.
Lorenzo Insigne, il piccolo grande gladiatore al servizio di Maurizio Sarri e della squadra di cui un giorno diventerà capitano, che non si arrende e fa della bellezza dei gesti tecnici la sua poetica calcistica: uno su tutti, il «sombrero» in corsa con cui al 36′ della ripresa scavalca Danilo e si invola sulla fascia. Il boato del San Paolo che ha accompagnato l’azione è stato pari a quello di gioia dopo il gol dell’illusorio vantaggio sul Manchester City dopo 21 minuti di Grande Bellezza azzurra. Perché Lorenzo Insigne ha finalmente conquistato il popolo del San Paolo, che adesso sa che può aspettarsi di tutto dall’unico figlio di Napoli della squadra.
Mertens, Insigne, Napoli-SassuoloNon è stato sempre così in queste stagioni con il Napoli che hanno portato alla completa maturazione di Insigne. Siamo alla sesta consecutiva, perché Lorenzo, prodotto del vivaio azzurro e formatosi in provincia (da Cava de’ Tirreni a Foggia e poi a Pescara) rientrò nel Napoli nell’estate del 2012 dopo la fantastica cavalcata verso la serie A in Abruzzo sotto la guida del maestro Zeman. È appena ventunenne e per lui si sprecano gli elogi. Il ct Prandelli a settembre 2012 lo convoca subito nell’Italia e lo fa debuttare contro Malta. Nel Napoli dell’ultima stagione di Mazzarri che chiuderà il campionato al secondo posto alle spalle della Juve, con Cavani capocannoniere con 29 reti, gioca a sprazzi ma chiude con 5 reti e 7 assist in 37 partite. Perno dell’Under 21, con Mangia, nel giugno 2013 è tra i protagonisti del secondo posto agli Europei in Israele. Mazzarri centellina il suo utilizzo, dice che così si fanno crescere i giovani, i tifosi si dividono. Insigne professa il suo amore calcistico per Del Piero, cui si ispira, non volendo assolutamente fare paragoni con il Divino Diego. Nelle due stagioni di Benitez, è protagonista assoluto con una doppietta nella vittoria della Coppa Italia contro la Fiorentina ed è vittima della sfortuna quando a Firenze il 9 novembre 2014, rimedia la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio destro. Il suo rendimento è alterno e viene coinvolto negativamente anche nel disastroso Mondiale dell’Italia in Brasile. Non riesce a conquistare ancora il cuore dei napoletani, non segna quanto il suo potenziale tecnico imporrebbe. Anche se Benitez gli insegna a rientrare, a sacrificarsi di più per la squadra.
Insigne e SarriLa svolta arriva con Sarri. Il tecnico rivelazione dell’Empoli, voluto da De Laurentiis tra i mugugni dei tifosi, lo prova prima alle spalle delle punte, come il Saponara della sua prima fortunata stagione in A, poi varia il suo credo tattico e con il 4-3-3 di cui Higuaín è il perno centrale, lo riporta a centro-sinistra, laddove lo aveva proposto da ventenne Zeman. Il maestro Sarri insegna a Lorenzo come può essere decisivo nell’occupazione degli spazi che si vengono a creare grazie al movimento continuo di una catena di sinistra eccezionale completata da Hamsik e Ghoulam. Insigne si trasforma nel vero regista avanzato della squadra, arriva meglio e con continuità alla conclusione con i suoi tiri a giro che diventano il suo marchio di fabbrica, favorisce gli inserimenti senza palla di Hamsik e potrebbe affidare al copyright dell’ufficio brevetti del calcio i suoi perfetti lanci per Callejon alle spalle dell’ultimo difensore. Gol e assist, la sua media cresce notevolmente. Senza Higuain calamita del gol, al fianco (e non più in alternativa) di Mertens, nell’ultima stagione ha segnato 18 reti (record personale) e quest’anno finora è a quota tre, stessa cifra in Champions League. E Sarri difficilmente rinuncia a schierarlo, anche perché quando si è temuto per la sua assenza contro l’Inter è stato lo stesso Insigne a voler fortissimamente giocare. Da vero leader, da top player che ha scelto di legarsi al Napoli fino al 2022 (4,5 milioni a stagione, è l’azzurro più pagato) per diventare definitivamente l’uomo simbolo della squadra. Anche non indossando quella 10 che lui stesso vuole sia per sempre legata a Maradona. Ma che almeno si è preso, nelle ultime gare, in Nazionale. Dove ha ritrovato Immobile, suo vecchio compagno di scorribande a Pescara. In attesa di un Mondiale ancora da conquistare ma nel quale vorrebbe proporsi quale protagonista assoluto. Da miglior calciatore italiano. L’occasione per ribadirlo nello spareggio con la Svezia nella prossima settimana.

Fonte: Il Mattino

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