L’editoriale di Marolda sul CdS:
“Inutile nasconderselo: il rammarico c’è. Si vede, si sente, si legge sulla faccia di chi la Champions l’ha sempre considerata come un’occasione. Di crescita, certo, ma anche di ricerca di nuove e ricchissime risorse. Che per un club che si autofinanzia è tanta roba, è ovvio. Invece è andata. Ma non per quest’ultima beffarda sconfitta rimediata tra i rimpianti e i gorgoglii del Maas. No, il conto che la Champions ha presentato al Napoli in Olanda è quello del peccato originale in Ucraina. Perché fu tre mesi fa che il Napoli mise la croce sulla sua esperienza. O inesperienza, chi lo sa. Fu quel deludente avvicinamento al match d’esordio, fu quella eccessiva fiducia nella gioventù di centrocampo a decidere già allora – era metà settembre – a chi sarebbe toccato andare avanti. Il resto è stata storia già scritta. Un racconto scontato, così come scontati e comprensibili erano gli abbracci e i baci prenatalizi tra il City e lo Shakhtar, alla faccia di chi aveva creduto davvero d’avere Pep come fratello. No. Com’è giusto che sia, ognuno pensa ai fatti suoi.
E allora, goodbye Champions. D’ora in avanti si parlerà d’Europa League. Coppa che assicura reddito vero solo se arrivi alla finale e che, altrimenti, può far comodo soltanto per dare un senso alla presenza e agli ingaggi di chi gioca poco o niente. A meno che alla prima occasione l’allenatore azzurro non metta al corrente tutti quanti che, come è già capitato con la Champions, dall’interno l’impressione è che ad attrarre la squadra sia soprattutto il campionato. Beh, fosse così, si potrebbe scovare anche un motivo d’ottimismo. Perché nonostante i rallentamenti ed i dolori (povero Lorenzinho, spremuto peggio d’un limone nonostante acciacchi già evidenti) degli ultimi tempi il Napoli è là, secondo di quel manipolo di squadre che sta facendo cose straordinarie anche perché in quanto a qualità mai campionato fu più squilibrato.
Insomma, se è vero com’è vero che da un mese almeno il Napoli non è quello d’una volta, non è detto che complici una veloce geometria (da ritrovare) e un necessario seppur dispendioso mercato di gennaio, il Napoli non possa ritrovare la bellezza smarrita e centrare finalmente un successo vero. Perché se è giusto che il signor Sarri vinca premi di prestigio, sarebbe pure giusto che un “premio” vero lo vincesse anche la squadra, no? Altrimenti qualche cattiva lingua potrebbe pure dire che alla fine ha fatto più il Napoli per l’allenatore che non il contrario”.