Genk, le voci di dentro: “Non ci si aspettava l’exploit di Koulibaly”

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Domani vestirà i colori del Genk, ma sotto la tuta del club belga batte un cuore napoletano. Salvatore D’Amires ha 71 anni, ma da cinquanta ormai vive lontano da casa, emigrante con il cuore a metà. «Per il mio Genk la Champions League è una favola, i soldi della vittoria ci servirebbero. Ma dall’altra parte non posso non tifare per il Napoli agli ottavi». Magazziniere storico, amico dei giovani talenti. E quanti ne sono passati dalle sue parti. Salvatore oggi tornerà a Napoli da avversario per la prima volta. «Seguirò la squadra giovanile per la Youth League, poi sarò al San Paolo per la sfida decisiva. A Napoli ci torno spesso, come potrei stare lontano?» Una famiglia radicata tra Napoli e il Belgio. «A vent’anni ho seguito mio fratello maggiore a Genk per lavorare. Mi mandarono in miniera, ma durai un giorno, così andai a lavorare alla Ford prima di trovare qui mia moglie».

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 «A 48 anni ero pensionato, incontrai un responsabile del club che mi chiese: perché non ci dai una mano? Così cominciai a lavorare da magazziniere delle giovanili. Ero sempre stato appassionato di calcio, era una chance bella e inaspettata per me». Il calcio lo aveva vissuto solo da tifoso. «Sono cresciuto a Fuorigrotta, non mi perdevo una partita del Napoli quando ero un ragazzo. Nel ’70 mi sono trasferito in Belgio e non ho smesso di pensare all’azzurro. Provavo a seguire la squadra in ogni modo, cercavo nelle edicole Il Mattino per restare aggiornato. Ne arrivavano poche copie a settimana, ma non avevo altri mezzi per seguire il Napoli».

Fino a qualche anno più tardi. «Nel 1977 la squadra di Pesaola incontrò l’Anderlecht in Coppa delle Coppe, io e i miei fratelli presenti qui (cinque) non potevamo perderci quell’occasione. Così partimmo da casa vestendo lemaglie del Napoli. La sconfitta fu un colpo durissimo». Napoli, però, ha incontrato Genk anche qualche anno più tardi, quando in Belgio arriva un giovanissimo Koulibaly. «Era acerbo, chiuso caratterialmente, non mi aspettavo facesse la carriera che ha fatto. Di Mertens, invece, qui in Belgio erano tutti sicuri. Ha dovuto farsi spazio nella vita, ha ricevuto tante porte in faccia a casa sua, ma si intravedeva subito la sua qualità».

 «Ho incontrato Courtois a 6 anni, un giorno ha preso il posto del titolare e non è più uscito dal campo. De Bruyne era un campione già da ragazzino, poi ho visto crescere Origi e Carrasco. Il Genk sa come scovare i talenti, li accoglie e li segue dall’educazione al campo, è la nostra politica. E aiuta le famiglie. Qui sanno come creare campioni». Sotto la felpa da magazziniere, però, ci sarà spazio anche per la maglia azzurra. «Me l’hanno regalata i ragazzi della Primavera all’andata. L’ho fatta autografare dai calciatori, non potrò indossarla ma la porterò con me a Napoli»

Il Mattino

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