Raspadori, ex Napoli: “Rivincere lo scudetto è stato un traguardo incredibile”
Giacomo Raspadori, campione con il Napoli nei due ultimi scudetti, ora all’Atletico Madrid, ha parlato in un’intervista al Corriere dello Sport.
“Campione d’Italia con il Napoli nel 2023 e nel 2025, campione d’Europa con l’Italia, Raspadori è l’uomo dei gol che contano e delle partite che pesano. Un’etichetta che potrà essere utilissima nei playoff di marzo («già ci penso») ma che potrebbe stargli stretta. All’Atletico Madrid ha disputato 10 partite con una media inferiore alla mezzora.
Ha segnato in Champions all’Eintracht e ha fatto un assist contro il Liverpool. In Liga il suo tocco è stato decisivo per l’autogol di Duarte che ha regalato la vittoria contro il Getafe. Può essere la svolta? «Quando si hanno opportunità ci si deve far trovare pronti. Tutto qui».
Domani c’è l’Inter, la squadra per cui tifava da bambino. «Avversario importante che dopo il derby avrà una motivazione in più. Ma noi dobbiamo e vogliamo vincere, anche se sappiamo di avere davanti un gruppo che in Champions negli ultimi anni è stato protagonista fino alla fine. Siamo pronti».
Chi la vincerà? Voi? «Vogliamo dire la nostra, ovviamente. Per quanto fatto finora, vedo un Arsenal molto competitivo».
Sulla Liga darà la stessa risposta diplomatica. Ride. «Campionato combattuto, vogliamo essere tra le squadre che se la giocheranno. Anche perché sarà una lotta serrata».
Magari sulla Serie A si sbilancia di più. «La Roma sta facendo un percorso incredibile, ma è difficile fare previsioni. Il Milan non avendo le coppe starà lì, come è successo a noi la scorsa stagione. E poi Napoli o Inter».
Poteva essere con Gasp ora. «Lo scorso gennaio ci fu un interessamento perché a Napoli giocavo poco, ma niente di concreto. Il Marsiglia di De Zerbi ha insistito di più, in inverno e in estate, poi non se ne è fatto nulla. Ma lo considero un allenatore determinante per me, fin da quando ero un giocatore della Primavera del Sassuolo. Lo definirei un padre calcistico».
E Conte e Simeone? «Tosti. Esigenti. Con Conte si fa un po’ più di tattica e volume, qui facciamo più intensità e lavori specifici con la palla. Sono entrambi chiari e diretti. Parlano in faccia senza problemi: è fondamentale».
Chi si infuria di più? «Non lo so, è una grande lotta, vogliono trasmettere le cose quando ritengono giusto farlo. Tra un po’ di tempo ve lo dico chi è peggio».
Ha fatto bene a restare a Napoli fino a giugno? «Sì. Ho deciso io dopo aver parlato con Conte che mi diceva che alla lunga sarei diventato importante e così è stato, anche se purtroppo ho dovuto sfruttare l’infortunio di qualche compagno. Rivincere lo scudetto è stato un traguardo incredibile». E poi è arrivato l’Atletico. «Mai avrei immaginato nella vita di indossare una maglia così importante».
Ama il tennis e vive in Spagna. Felice per la Davis? «Ho visto Berrettini in finale, Cobolli no perché eravamo allo stadio, ma da grandissimo appassionato sono euforico per traguardi impensabili fino a qualche tempo fa. Ogni tanto d’estate gioco anche io con scarsissimi risultati.».
La Nazionale di tennis è campione del Mondo, voi non sapete neppure se farete il Mondiale. E non sarebbe la prima volta. «Appunto, dobbiamo essere arrabbiati e sfruttare anche quello che è successo negli anni scorsi. Andare in America è l’obiettivo, non possiamo fallire. Sento la fiducia di Gattuso, ma non conta chi gioca: dobbiamo passare e basta. Siamo una squadra forte con dei valori umani e tecnici importanti, dobbiamo essere positivi e avere il sorriso. Daremo tutto».
Prima di Gattuso c’era Spalletti: se lo aspettava alla Juventus? «Il lavoro è il lavoro. Lui e il suo staff meritavano un club di alto profilo. È un’opportunità incredibile, ma capisco che possa stonare per qualcuno dopo lo scudetto vinto a Napoli».
Ma è vero che lei a Napoli ha tenuto casa? «No, falso. Ero in affitto. Ma è una città che porto nel cuore non solo per gli scudetti vinti o le persone incontrate. Lì abbiamo costruito la nostra famiglia, anche se adesso mia figlia dice già qualche parola in spagnolo. E a noi fa un po’ strano…».
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