Serie A, si rincontrano in vetta due città simbolo del Centro Sud

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Tante cose sono cambiate se non consideriamo il pallone. Quel che non è cambiata, è la passione con cui le due piazze vivono il calcio.

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Roma e Napoli vengono spesso accomunate. Vincere uno scudetto qui – dicono – equivale a vincerne dieci altrove. Soprattutto lungo l’asse Milano-Torino. Dove il calcio è sì importante, ma non scandisce i ritmi e gli umori quotidiani come invece nel Regno del Centro-Sud. Radio, tv, e da un po’ anche il web, sono un continuo rumore di fondo sulle gioie, i dolori, le critiche e le polemiche degli universi calcistici cittadini. I protagonisti dei salotti radiotelevisivi sono vere e proprie autorità. A Roma come a Napoli.
Il giorno della partita, scrive Il Corriere dello Sport, le città cambiano aspetto. Va in scena un rito collettivo. L’attesa. Il silenzio surreale durante l’incontro. E poi l’esplosione di emozioni che condizioneranno la settimana. Se vinci, sei un re. Se perdi, vieni processato per direttissima. Equilibrio è un termine sconosciuto. È sempre stato così.
Quel che invece è cambiato, e di tanto, è il clima tra le due tifoserie. Protagoniste fino agli anni Ottanta di uno storico gemellaggio che potremmo definire naturale.
Poi, però, la mutazione geopolitica delle curve e l’episodio del gesto dell’ombrello di Salvatore Bagni all’indirizzo dei romanisti, portarono alla frattura mai più sanata. Anzi, col passare degli anni la situazione è notevolmente peggiorata. Oggi potremmo definirla irrecuperabile. Due città che vivono quasi in osmosi, visto che sono a un’ora di treno, calcisticamente si detestano.
Anche l’idolatria ha seguito le tendenze. Prima, gli eroi erano i calciatori. Che fossero Maradona, Falcao, Totti. Da un po’ di tempo sono gli allenatori. Mourinho a Roma è stato venerato. Ha lasciato una ferita che è rimasta aperta un bel po’. Oggi le piazze sono unite da due allenatori che hanno parecchi tratti in comune. Anche se Conte è un uomo del Sud e Gasperini del profondo Nord. Potremmo definirli allenatori-domatori. Entrambi sanno essere spigolosi, per nulla inclini al populismo e alla retorica. Portatori di una cultura del lavoro che qualcuno potrebbe definire ossessiva. Alla fine, vinci solo se lavori. A Roma e a Napoli saranno anche romantici, ma ti portano in trionfo solo se vinci. Conte e Gasperini lo sanno fin troppo bene.
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