Il Napoli di Antonio Conte non è mai stato una squadra incasellata in numeri statici. La formula dei “Fab Four” non è solo una strategia, ma un’idea in continua evoluzione: in campo prende forma in un 4-1-4-1 fluido, con Lobotka regista basso e McTominay a partire largo ma pronto ad accentrarsi, liberando la fascia per uno Spinazzola a tutta corsa.
Nel cuore della manovra c’è De Bruyne, libero di muoversi tra linee, passando dalla regia alla pressione alta al fianco di Hojlund. Più che i sistemi di gioco, è l’interpretazione individuale a fare la differenza: ogni variazione diventa un’occasione per sorprendere e per crescere.
Eppure, c’è sempre una certezza pronta a tornare: quel 4-3-3 di “riferimento”, citato da Conte dopo la sfida con lo Sporting, resta l’opzione più collaudata nei momenti chiave – in Champions, ad esempio – con Neres pronto a inserirsi nel tridente al posto di un centrocampista. Sulla sinistra, a seconda delle esigenze, trovano spazio anche Lang o Elmas. Un Napoli camaleontico, ma sempre riconoscibile.
Fonte: CdS
