Il dizionario speciale di Allegri e Conte, lungo la carriera hanno usato spesso un linguaggio colorito

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Diversi in molto, se non in tutto. Comandanti per natura, ma ognuno a modo proprio, con varie gradazioni di “sbrocco” e modi diversi di porsi pubblicamente. Eppure entrambi personaggi sicuramente consapevoli di regalare – più o meno con frequenza – al pubblico che li osserva delle vere chicche dialettiche. Che poi restano, che a volte diventano meme, che comunque li identificano. Max Allegri e Antonio Conte hanno un loro dizionario, un loro campionario di parole e di frasi che li accompagna da quando frequentano le panchine. Ne abbiamo scelti alcuni (e sappiamo bene che ne mancano molti altri).

L’allenatore bravo è quello che fa meno danni”. E’ una delle frasi più celebri di Max, riproposta a più riprese lungo gli anni (le prime segnalazioni risalgono al 2016), un concetto in cui evidentemente il tecnico livornese crede parecchio. E un concetto a cui si è accodato un maestro di calcio come Ranieri: “Ha ragione Allegri…”

“Impossibile essere vincenti senza essere antipatici, almeno in Italia. Le gelosie e le invidie sono inevitabili, soprattutto ad alti livelli. Non succederà mai, difficile vedere un vincente simpatico”. La riflessione risale al suo periodo juventino ed è un concetto applicabile sia in termini di squadra, sia personali. Teoria che richiama anche la sua mentalità di successo.

Stagione 2015-16, ovvero la sua seconda in bianconero. E’ ottobre del 2015 e Max sbotta in conferenza stampa, infastidito da chi lo accusa di far giocare poco Dybala. “Contro di me c’è un processo mediatico. Posso piacere o non piacere, come il vecchio film di Fantozzi, quando Filini pesca il pesce ratto e dice “Può piacere o non piacere”. La citazione fantozziana, ça va sans dire, diventa immediatamente cult.

Il tecnico del Napoli lungo la sua carriera ha giocato spesso sul concetto di simpatia e antipatia. Come nell’ottobre del 2011, alla vigilia di uno Juve-Inter (vinto 2-1): “La Juve l’ho lasciata antipatica e l’ho trovata simpatica. Voglio che torni antipatica presto. Io se perdo muoio. Ho sentito dire che Conte si nasconde: ma dove?”.

Il tecnico rossonero è accompagnato dalla nomea di allenatore poco incline allo spettacolo, ovvero eccessivamente votato alla fase difensiva in funzione del risultato. Allenatore “risultatista”, da contrapporre nel giudizio popolare agli allenatori “giochisti”. Nella primavera del 2017 la sua Juve vince ma viene anche criticata per la mancanza di un gioco apprezzabile. E lui replica così: “A me viene da sorridere quando sento dire ‘quello gioca bene, fa spettacolo’. Lo spettacolo è al circo, qui bisogna vincere”.

La frase, senza dubbio, colpisce per originalità e risale alla sua prima stagione juventina e risale a marzo del 2012. I bianconeri sono reduci da un’infilata di pareggi da inizio anno e Conte apre l’ombrello sulla squadra in questo modo: “Siamo coperti di vaselina, ci scivola tutto addosso. Vogliamo stemperare il clima e le tensioni dei giorni scorsi”.

Qui siamo sul gradino più alto del podio. Il “corto muso”, termine gergale prelevato dal mondo dell’ippica (di cui Max è grandissimo appassionato), è l’etichetta che più gli si è cucita addosso in questi anni. Mutuato nel calcio, significa vincere di misura, meglio se 1-0. Allegri la utilizza nell’aprile 2019, dopo la sconfitta per 2-1 contro la Spal che rinvia la festa scudetto: “Nei cavalli basta mettere il musetto davanti, non di 100 metri. Foto, corto muso, chi perde di corto muso è secondo, chi vince così è primo”.

Dopo la festa scudetto 2014 della Juve, Antonio parla così dell’ambizione dei bianconeri in ambito europeo: “Con 10 euro non si mangia in un ristorante da 100”. Una metafora rivolta alla gestione del club per sostenere la necessità di investire in modo da competere ad alto livello anche nelle coppe.

Fiero, orgogliosissimo delle sue origini, come del resto tutto il popolo livornese. Allegri torna “a casa” tutte le volte che può e a Livorno fra le altre cose c’è pure il “gabbione”, ovvero un campo dove si gioca in quattro contro quattro, chiuso da una recinzione metallica alta cinque metri. Ne vengono fuori sfide… molto sanguigne, diciamo. In occasione del suo addio alla Juve nel 2019, cita le sue origini: “Ci sono giocatori che vincono le Champions, i campionati, che si salvano. Poi ci sono quelli che non vincono mai e ci sarà un motivo. Nel gabbione a Livorno ho perso solo un torneo. Ci sarà un motivo”.

Ad aprile di un anno fa il Napoli lotta per lo scudetto con l’Inter. A margine di una vittoria sul Monza, Antonio alza i toni tirando in ballo De Laurentiis: “Con lui ho un ottimo rapporto, però serve rispetto anche nei miei confronti. Ho visto sciacallaggio, ma io me ne fotto. Devo proteggermi, altrimenti sarà stato un grandissimo viaggio insieme. Non posso tollerare che il mio fondoschiena sia abusato”. Più chiaro di così…

FONTE: GAZZETTA

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