Sembra un banalissimo, quasi infantile, gioco di parole: mentre invece, riflettendo, dentro c’è il senso della vita. L’avrebbe detto pure Darwin, a pensarci bene, che dell’evoluzione della specie qualcosa ha spiegato: però, sino a qualche tempo fa, non bastava essere poliedrico o polivalente o anche semplicemente Poli. Ma il calcio è arte varia e contiene pure nemesi avvolte in una parabola: e così, quasi senza rendersene conto, forse persino incredulo di questa magica conversione, Matteo Politano s’è accorto che la sua esistenza è cambiata da così a così, proprio con Antonio Conte. A Milano, dove s’erano conosciuti, non ci fu modo o tempo (o vai a capirne i motivi) di trovare l’empatia tattica giusta e il 28 gennaio del 2020, avendo intuito che su quella fascia così frequentata, nel 3-5-2, sarebbe stato faticoso districarsi, Politano s’arrese, prese le valigie e traslocò: chiamava il Napoli, quindi 4-3-3, e per prendersi la scena e la corsia (a 27 anni), diede uno strappo alla sua carriera, addobbandola poi d’una Coppa Italia, poi di uno scudetto, guarda un po’ conquistato con Spalletti, mentore nel San Siro interista.
RIECCOCI
La felicità a volte è un attimo e altre è (quasi) per sempre: e quando nell’estate del 2024, per spazzare le macerie di un anno orribile, a Napoli piombò Conte, la domanda che sorse spontanea fu: e adesso? Poliedrico, polivalente, in una parola – anzi, in un nome e cognome – Matteo Politano, 37 partite dentro un calcio geneticamente modificabile, ora la difesa a tre e ora quella a cinque e poi quella a quattro, e non necessariamente tridente, perché niente è impossibile, neanche la diversità che spinse fatalmente un allenatore e un calciatore a separarsi. Ora il mood è ribaltato, Politano è “inavvicinabile”, e pure in questa tornata, con il quarto scudetto sulla maglia, a Conte gli si può toccare tutto, tranne il suo pendolo sulla destra, che Prandelli, l’ex Ct, ritiene “imprescindibile e simbolo di una maturazione che gli ha dato continuità”.
IL PONTE SCUDETTO
Politano è la rappresentazione di un tempo nuovo che dal vecchio non si stacca, una specie di ponte tibetano che collega due imprese – quella di Spalletti a quella di Conte – e rappresenta la continuità; è la sintesi d’una trasformazione globale nella interpretazione più varia del ruolo di esterno – il tornante di una volta – che adesso ti dà la profondità, la generosità, l’equilibrio, gli assist e anche i gol. E poi Politano è il Progetto: nei suoi cinque anni e mezzo, che includono sette stagioni, ci ha già infilato 238 partite (con 34 reti) ma soprattutto ci ha sistemato un autografo, quello sul rinnovo sino al 2028, che include una solenne garanzia a “starsi vicini nella gioia e nel dolore, nella buona e nella cattiva sorte”. A De Laurentiis, tutto ciò, l’ha detto qualche settimana fa davanti al contratto, anche se l’annuncio è arrivato postdatato, mentre ad Alessandra, sua moglie, l’ha urlato il 21 giugno sposandola, in Costiera Sorrentina, dopo averglielo promesso in Municipio il 31 marzo, qualche ora dopo aver segnato al Milan il gol dell’1-0 al Maradona, una specie di architrave per il secondo scudetto da principe azzurro. Vedi (na)Politano e poi….
Fonte: Gazzetta dello Sport
