ESCLUSIVA – Gigi D’ALESSIO ai microfoni de IL MATTINO: “L’amore per il Napoli è scoccato a 10 anni”
Dalle pagine de IL MATTINO
Ha fatto cantare persino un calciatore come Benny Carbone nel brano «Forza Napoli», ha trasformato la sua canzone «Ora» (2013) in un coro goliardico che ha accompagnato i festeggiamenti per lo scudetto del 2023.
Gigi D’Alessio non è soltanto un tifoso del Napoli, ma un collezionista appassionato: possiede le scarpe di Maradona e numerose memorabilia legate al calcio e alla squadra della sua città. Ora che è iniziato il campionato (e il Napoli ha esordito bene battendo il Sassuolo), il cantautore racconta la sua passione viscerale per il pallone, il legame speciale con Diego e i ricordi di una vita da tifoso.
Con Diego ci siamo scambiati anche le scarpe sono un tesoro che custodisco gelosamente. «A Dubai l’incontro con Maradona scrissi una canzone, rimase affascinato»
Partiamo dall’inizio: qual è stato il suo primo rapporto con il calcio, chi le ha trasmesso questa passione?
«Il Napoli è una passione che si tramanda da padre in figlio. Mio padre mi portava allo stadio a vedere le partite: si faceva merenda e si andava a tifare. È uno dei ricordi più belli della mia infanzia».
La prima volta al San Paolo, invece, come fu?
«Avevo dieci anni. Fu un colpo al cuore: lo stadio pieno, i cori, i colori. Resti senza parole. Poi col tempo impari a conviverci, ma quella prima volta rimane scolpita dentro di te».
E la prima esibizione nello stadio del Napoli?
«Il 7 giugno 1997. Una data che porto nel cuore: salire su quel palco, con la curva davanti, fu una sensazione unica, di orgoglio e appartenenza».
Poi è arrivato Maradona. Che impressione ebbe del suo arrivo?
«Quando lo annunciarono, avevo 17 anni. Fu uno shock: non eravamo abituati a nomi di quella portata. Bastarono poche partite per capire che avevamo il numero uno assoluto».
Tra lei e Diego si è creato un legame speciale, confermato da vari episodi. Uno su tutti riguarda la canzone
«Si turnasse a nascere».
Sì, la scrissi pensando alla mia vita, non a lui. Tutto nacque a Dubai, dove stavamo girando un documentario per una televisione argentina. Rimasi a casa sua quindici giorni e, durante una pausa di quell’intervista a specchio, gli dissi che stavo per pubblicare un nuovo album e gli feci ascoltare la canzone. Rimase colpito e mi disse: “Ma come? Mi hai dedicato una canzone e non me l’hai detto?”. Si sentiva rappresentato e volle addirittura essere il protagonista del videoclip. Era il suo modo per ringraziarmi, ma anche per dire che quelle parole parlavano di lui. Non era nata per Diego, eppure la fece sua. Da lì la nostra amicizia diventò ancora più forte».
Ha anche un ricordo personale legato a una cena con lui…
«Sì, nel 1987, al Rosolino. Eravamo in pochi, il locale era tutto per noi. A un certo punto Diego volle cantare e io mi sedetti al pianoforte ad accompagnarlo. Non ricordo bene se fosse “Perdere l’amore” o “’O surdato ’nnammurato”. L’ho accompagnato tante volte che faccio fatica a fissare un brano preciso. Quella sera conobbi un Maradona diverso: intimo, felice di cantare tra amici».
C’è anche l’episodio delle scarpe che oggi conserva come un cimelio prezioso.
«Successe sempre a Dubai. Avevamo lo stesso numero di piede. Mi chiese: “Perché non me le regali?”. Io risposi: “Diego, sono le mie uniche scarpe!”. Lui sorrise e disse: “Ti do le mie”. Così ce le scambiammo. Le sue scarpe oggi sono a casa mia, le tengo come un tesoro».
Era presente anche alla famosa punizione contro la Juventus…
«Sì, la punizione impossibile contro Tacconi. Io ero lì: vidi il pallone sollevarsi come se avesse vita propria, infilarsi all’incrocio quando nessuno pensava fosse possibile. Pioveva a dirotto, il campo era pesante, ma Diego in quelle condizioni si esaltava. Continuava a dire a Pecci di toccargliela indietro, e lui non voleva. Alla fine cedette, e Maradona dipinse quel capolavoro. Era il 3 novembre 1985: la Juventus veniva da otto vittorie consecutive, ma al San Paolo si fermò».
Lei ha vissuto anche il calcio prima di Diego, da ragazzino. Cosa ricorda?
«Il Napoli di Savoldi. All’epoca c’era persino un pallone che portava il suo nome: per noi ragazzi era un sogno calciarlo. Poi arrivò Maradona, e fu come passare dal mito all’eternità».
C’è un altro calciatore del Napoli a cui è particolarmente legato?
«Abbiamo amato tutti i calciatori che hanno indossato la maglia azzurra, ognuno ha lasciato qualcosa. Ho un rapporto speciale con Insigne, Politano, Di Lorenzo e i fratelli Cannavaro. Potrei citarne molti altri».
Ha mai pensato di produrre un calciatore-cantante?
«No, loro cantano come io gioco a pallone (ride). Però da ragazzo me la cavavo bene, solo che ero troppo magro!».
Con Lucio Dalla, invece, ha inciso un brano che non parlava di calcio ma di storia…
«Sì, insieme a Lucio Dalla, Sal Da Vinci e Finizio. Non c’entrava il calcio, era un racconto di Napoli. Dalla non era tifoso di calcio: seguiva il basket. Però quella collaborazione resta una delle esperienze più belle della mia carriera».
Che rapporto hanno i suoi figli con il calcio?
«Tutti tifano Napoli. Quando gioca la squadra ci ritroviamo davanti alla tv, facciamo confusione, condividiamo la partita. Luca, in particolare, è sempre stato un bravo calciatore».
Come vede oggi il rapporto tra la città e la squadra?
«Napoli è sempre stata vicina al Napoli, anche nei momenti difficili: lo stadio era pieno persino in Serie C. Oggi siamo tornati a vincere e la città ha ritrovato l’abitudine alla gioia».
Ha trasformato anche una sua canzone in un coro da stadio…
«Sì, «Ora», che era uscita nel 2013, nel 2023 è diventata un inno popolare per lo scudetto. Sentire la mia musica nelle piazze è stato emozionante.»
E non dimentichiamo il duetto con Benny Carbone…
«Esatto, feci cantare anche lui, all’epoca giocatore. Una cosa goliardica, che oggi ricordo con un sorriso.»
Negli ultimi anni Napoli è molto cambiata: come giudica questa rinascita?
«Prima era spesso una tappa di passaggio per chi voleva andare a Capri, Ischia, Procida o la Costiera. Oggi è la meta finale, ed è un traguardo importante. I social hanno aiutato molto. E poi c’è la nuova generazione, che ha dato un contributo fondamentale».
Tra poco sarà di nuovo protagonista in Piazza del Plebiscito…
«Sì, dal 19 al 23 settembre e poi ancora il 26 e 27. Sarà una festa con il pubblico della mia città. Piazza del Plebiscito è il cuore di Napoli, e cantare lì è sempre un privilegio».
