M. Gallo saluta Jack “capa tosta”, il signore dai gol pesanti

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Massimiliano Gallo sul Corriere dello Sport saluta così Giacomo Raspadori, neo giocatore dell’ Atletico di Madrid: “Pochi ma buoni. Come i gol di Raspadori con la maglia del Napoli. E soprattutto pesanti. Jack ha messo la firma su entrambi gli scudetti. L’ha fatto a modo suo. Da atipico. Da impertinente ragazzo di provincia che ha avuto l’ardire di voler essere centravanti nonostante un fisico da fantino o da pilota. In un calcio in cui o sei potente o sei veloce. Oppure stai a casa, a meno che tu non sia Messi. E invece lui è capa tosta. Fa il centravanti. E segna pure. In più, non ha tatuaggi e non sbaglia nemmeno un congiuntivo. Ce le ha proprio tutte. Ma il segno, a Napoli, lo ha lasciato con i gol. Nel primo scudetto, quello di Spalletti, si è reso protagonista di due comparsate rimaste nella memoria. Due camei, come dicono nel linguaggio cinematografico. Il gol al novantesimo allo Spezia, quando il Napoli di Luciano ancora non aveva spiccato il volo. E poi, mesi dopo, la rete in casa della Juventus che di fatto cucì il tricolore sul petto.

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Dopo la disgraziata parentesi post-scudetto – in cui comunque segnò cinque gol in campionato – eccoci all’anno di Conte. Povero Jack, non gioca mai. Se ne sta triste in panchina. Ma non sbatte i piedi né alza la voce. Non è nel suo Dna. È troppo educato e in quest’ambiente può essere un limite. Però vorrebbe andar via, vorrebbe giocare. Si inguaia con le sue mani segnando al Venezia nel remake di Napoli-Spezia. Nel finale di una partita che sembra avviata allo zero a zero. Gol di rapina. Alla Raspadori. Siamo alla vigilia di Capodanno e quindi del mercato. Conte lo blocca. C’è già Kvara che lascia. Poi si fa male Neres. Qualcuno lo chiamerebbe destino. Il destino, però, te lo devi meritare. Si fa trovare pronto, come al solito. Segna alla Lazio. Al Como. Alla Fiorentina. Diventa l’uomo della provvidenza. Secondo alcuni è il partner ideale per Lukaku. È sempre lui, a Monza, a disegnare il cross sulla testa di McTominay. Prima del gran finale.
Conte si aggrappa a lui. Diventa titolare fisso. A Lecce segna la rete che sembra decisiva. Poi il 2-1 al Genoa prima del pastrocchio difensivo che apre ufficialmente la fase della grande paura. Nel cinema avrebbe vinto l’Oscar come miglior attore non protagonista. Essenziale, decisivo. Senza di lui, il film non sarebbe stato lo stesso. È per questo che oggi lascia un vuoto solo apparentemente sproporzionato rispetto ai gol segnati e ai minuti giocati. Ma i gol, come le emozioni, non si contano. Si pesano. Figurarsi gli scudetti.”
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