America’s Cup, al lavoro il team di New Zealand: «Napoli luogo magico»

0

A ottobre del 2024 una telefonata partì dalla Presidenza del Consiglio di Roma destinazione Auckland, Nuova Zelanda: “Cosa si deve fare per ospitare la Coppa America in Italia?”. Dall’altro capo del telefono Grant Dalton, Ceo di Team New Zealand e Leslie Ryan, Event director dell’America’s Cup. Arriva la risposta: un elenco di richieste inviate sia a Roma che ad Atene, altra pretendente per l’edizione 2027. Un formulario al quale bisognava rispondere con dovizia di particolari. Il governo italiano è esaustivo in tutte le risposte; in testa le garanzie economiche. Leslie Ryan volò in Italia per incontrare i responsabili del ministero competente e si accese la scintilla: la Coppa andrà a Napoli. Lo stesso sindaco Gaetano Manfredi racconta: «Quando in uno dei sopralluoghi dalla collina di Posillipo ho visto brillare i loro occhi guardando gli spazi di Bagnoli capii che era fatta». Comincia così la storia dell’America’s Cup a Napoli.

Factory della Comunicazione

L’apripista

A raccontarla è Mack Dalton, “l’apripista” del gruppo dell’America’s cup che vive a Napoli ormai da maggio. Trenta anni, alla seconda campagna di America’s Cup dopo Barcellona. Viaggiatore del mondo. Ha il compito di preparare il terreno al primo gruppo che arriverà a settembre, testa di ponte a tutta l’organizzazione della più importante competizione velica del mondo. Alla fine saranno oltre 250 persone. “I’m the lucky man” scherza. Lo raggiungeranno per stabilirsi Leslie Ryan, irlandese, event director; Louis Sainz, spagnolo, che si occupa dell’aspetto legislativo; Mark Sheffield, britannico, per il broadcast televisivo e le grafiche; Hamish Hooper per i video ed i social.

Mack Dalton

Ed infine lui, Mack Dalton, neozelandese di Auckland responsabile per le sponsorizzazioni. «Napoli ha un appeal fantastico» racconta sorseggiando un caffè in un centralissimo bar del Vomero dove il gruppo ha preso alloggio. «Il Vomero sarà la nostra key area – racconta – Mi piace il quartiere, non eccessivamente turistico ma con le persone che sono molto ospitali e ho imparato ad amare Pino Daniele, le cui canzoni ascolto affiacciato al mio balcone. Il Vomero lo abbiamo preferito perché centrale tra il Castel dell’Ovo che sarà area hospitality, il lungomare per il villaggio regate e Bagnoli dove si troveranno le basi».

Dalton si occupa di sponsorship e per primo ha capito quanto l’appeal di questa città possa essere importante: «Il percepito di Napoli negli ultimi anni è cambiato. Prima era di una città dalla grande cultura, monumenti, cibo, Vesuvio, Pompei, Maradona».

Oggi? «Oggi è una città dinamica dove si può investire». Non solo food e cultura ma anche credibilità e programmazione. A fare la differenza «è la gente. L’aspetto umano che coinvolge e che dà quello sprint in più. L’America’s Cup ha un obiettivo: non quello di essere un evento calato in una realtà cittadina, ma di voler essere parte della città, del luogo ove si svolge»

Caccia ai tecnici

Recentemente è partito un bando per collaborazioni con ingegneri, esperti di elettrotecnica, meccanica, idraulica, robotica, meccatronica. Ma America’s Cup è anche a caccia di persone sul territorio che possano avere ruoli di collegamento. «Tutto questo – continua Dalton – è ancora nella fase preliminare, ma l’evento cammina in sinergia con le Amministrazioni sia nazionale che locale dalle quali avvertiamo un grande sostegno. Ho conosciuto il sindaco Manfredi. È stato un incontro cordialissimo così come incontrato il ministro Abodi e i rappresentanti di Sport e Salute»

Due mesi in città

Due mesi di permanenza e tanto da raccontare a chi chiama da Auckland. «Il traffico? Qui sono tutti pazzi, ma nella loro pazzia tutto ha un senso e funziona, quindi va bene così. Da noi il clacson non si sa nemmeno che esista. La gente? Sembra sempre che le persone litighino, invece è solo il tono della voce. Il cibo? Torneremo tutti più “fat”, grassi. Napoli in una parola? Amazing».

Dalton rapito dalla città: «È una città splendida, ideale per ospitare la Coppa America. A settembre si comincerà ad entrare nel vivo e alla fine creeremo una piccola città di 1.000 persone nel cuore di Bagnoli che tutti potranno visitare per quello che i team potranno mostrare».

Arriveranno i velisti e le loro famiglie: «Per un anno e mezzo si trasferiranno tutti qui. A scuola, per la spesa, le attività quotidiane. Siamo a caccia di appartamenti. Fortuna che non me ne devo occupare io».

Nemmeno la provincia rimarrà esclusa dall’evento: «Nel 2026 ci saranno delle regate preliminari. Valuteremo dove farle».

La difficoltà maggiore di Napoli, la Bagnoli da ricostruire, potrebbe essere proprio il punto di forza: «Valencia ancora oggi è ricordata come una delle più belle edizioni dell’America’s Cup, proprio perché abbiamo costruito tutto da zero. A Napoli sarà lo stesso e quando finirà un pezzo di cuore rimarrà qui».

Potrebbe piacerti anche
Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.

For security, use of Google's reCAPTCHA service is required which is subject to the Google Privacy Policy and Terms of Use.