Pianta la bandiera, Luis. Piantala a centrocampo come se le mani su quell’asta fossero ancora quattro, le tue e di Xana, chiudendo gli occhi e immaginando che sia lì con te. Il Psg esagera. Cinque gol a un’Inter irriconoscibile, prima Champions della storia, Triplete e promessa mantenuta da Luis: festeggiare in mezzo al campo, con la bandiera, per ricordare la figlia che non c’è più da cinque anni. Una finale vinta dominando e allestendo calcio in ogni reparto, da una difesa di ferro a tre punte da chapeau. Quattro i men of the match: Hakimi, Kvara, Mayulu e Doué (doppietta). Il 3 giugno il golden boy di Angers festeggerà vent’anni da campione d’Europa. Luis Enrique sfilerà sugli Champs-Élysées come il secondo allenatore della storia a vincere il Triplete con due squadre diverse dopo Guardiola. Inzaghi lascia Monaco sconfitto e con la consapevolezza di aver chiuso un ciclo, arrivato a giocarsi due finali di Champions in tre anni. Una mazzata senz’alibi.
Psg, partenza fortissima
Ci si chiederà a lungo quale sia stata la kryptonite che ha paralizzato un’Inter irriconoscibile fin dai primi dribbling dell’accoppiata Kvara-Doué, che in italiano si traduce con “dotato”. Nomen omen. L’arma tattica di Luis Enrique è il ragazzo col dieci, l’alter ego di Mbappè uscito dal cono d’ombra dopo il suo adieu. A Dembelè – 33 gol in stagione – viene data un’indicazione: azzannare i piedi del costruttore Sommer, prima fonte di gioco. E ci riesce. Acerbi e compagni fanno fatica a uscire in rapidità e soffrono l’avanzata delle pressanti truppe parigine. Dopo dieci minuti, la banda Luis Enrique passa con un gol… alla Luis: fraseggio stretto, imbucata e rete facile facile davanti alla porta. Ode alla costruzione: suggerimento di Vitinha tra le linee, assist di Doué e piattone a porta vuota dell’ex Hakimi, che punge l’Inter, non esulta e si scusa. Dimarco da tirata d’orecchie qui, reo di non essere salito in tempo e aver lasciato in gioco l’esterno marocchino.
Il tracollo nerazzurro
Il Psg viaggia a un ritmo più alto e spedisce l’Inter alle corde col suo gioco ragionato, una difesa di ferro e una serie di montanti. Il secondo arriva dritto su un volto stanco e ha il sorriso beffardo del ragazzino, Doué – “dotato”, ricordate? -, che al 20′ aggancia un pallone di petto e infila Sommer con il destro (aiutato da una deviazione di Dimarco). Qui la menzione d’onore va a Pacho, bravo ad avviare l’azione con un recupero su Barella. L’azzurro stava proteggendo la sfera per guadagnarsi l’angolo, ma il centrale ha infilato la gamba e innescato Kvara. L’unico affondo dell’Inter è un colpo di testa di Thuram finito alto, sugli sviluppi del solito angolo velenoso. Il primo tempo nerazzurro è da doccia gelata per svegliarsi, soprattutto i leader: Barella, Lautaro, Thuram, Calhanoglu, Dimarco, Mkhitaryan. Tutti paralizzati. Il dato è curioso: l’Inter era stata in svantaggio in tutta la Champions per soli 17 minuti. In un tempo ha incassato due gol uno dopo l’altro.
I cambi di Inzaghi non convincono
Le carte di Inzaghi non convincono: nei primi 15′ della ripresa, sul 2-0, manda in campo quattro difensori: Bisseck, Zalewski, Darmian e Carlos Augusto. Il tedesco dura sei minuti ed esce per infortunio. Al 63′ – il minuto del 3-0 di Doué – l’Inter ha in campo quattro terzini. Il tris dei francesi è la consacrazione dell’anti-Yamal, capace di infilare di nuovo Sommer con il destro e chiudere una partita senza storia. Una doppietta in finale di Champions lo proietta in un pantheon di enfant prodige davvero ristretto. A chiudere i giochi ci pensa Kvara (73′), che infila il 4-0 col sinistro facendo piangere gli interisti di tutte le età. Nel finale, Gigio si toglie lo sfizio di mettere i guantoni sul match neutralizzando un destro di Thuram. Il colpo di mannaia è di Mayulu: 5-0 a quattro minuti dalla fine. Una finale di Champions non era mai finita così. Per l’Inter è la peggior partita dell’anno – e della storia? – nella partita più importante di tutta la stagione, dopo aver perso scudetto, Coppa Italia e Supercoppa. Un crollo verticale, totale e netto di personalità dopo Bayern e Barcellona. La consapevolezza che qualcosa si sia rotto e sia finito stasera. Il temuto numero zero alla voce titoli (al netto del Mondiale per Club). A marzo, dopo il Feyenoord, Inzaghi alzò tre dita per indicare il “treble”. Gli è rimasto solo il pugno.
Le pagelle
PSG – Donnarumma 6,5; Hakimi 7, Marquinhos 7, Pacho 7,5, Nuno Mendes 6,5 (78′ Hernandez sv); Joao Neves 7 (84′ Zaire-Emery sv), Vitinha 7,5, Fabian Ruiz 7 (84′ Mayulu 7); Doué 8,5, Dembélé 7,5, Kvaratskhelia 7 (84′ Ramos sv).
INTER – Sommer 5,5; Pavard 4,5 (53′ Bisseck sv, 62′ Darmian 5), Acerbi 4, Bastoni 4; Dumfries 5, Barella 4,5, Calhanoglu 4,5 (70′ Asllani 5,5), Mkhitaryan 4,5 (62′ Carlos Augusto 5,5), Dimarco 4 (53′ Zalewski 5); Lautaro Martinez 4,5, Thuram 5
TABELLINO PSG-INTER 5-0
Marcatori: 12′ Doué, 20′ Hakimi, 63′ Doué, 73′ Kvaratskhelia, 87′ Mayulu
PSG (4-3-3): Donnarumma 6,5; Hakimi 7, Marquinhos 7, Pacho 7, Nuno Mendes 6,5 (78′ Hernandez sv); Joao Neves 7 (84′ Zaire-Emery sv), Vitinha 7,5, Fabian Ruiz 7 (84′ Mayulu 7); Doué 8,5, Dembélé 7,5, Kvaratskhelia 7 (84′ Ramos sv). All. Luis Enrique.
INTER (3-5-2): Sommer 5,5; Pavard 4,5 (53′ Bisseck sv, 62′ Darmian 5), Acerbi 4, Bastoni 4; Dumfries 5, Barella 4,5, Calhanoglu 4,5 (70′ Asllani 5,5), Mkhitaryan 4,5 (62′ Carlos Augusto 5,5), Dimarco 4 (53′ Zalewski 5); Lautaro Martinez 4,5, Thuram 5. All. Inzaghi.
Arbitro: Kovacs
Ammoniti: Zalewski, Doudé, Thuram, Acerbi, Hakimi
Espulsi: nessuno
Fonte: Gazzetta
