E poi è corso via, in progressione, come il Big Rom “vecchia maniera” ed ha messo il sigillo decisivo, quello che ha dato il via alla festa. Romelu Lukaku. Scrive il CdS:“È stato meno bomber dei predecessori, ma tanto completo, utilissimo. Lo dicono i numeri: già a metà aprile aveva centrato la doppia cifra in gol e assist. Lo dice il campo: perno dell’attacco, punto di riferimento per gli inserimenti, apripista per gli esterni e ancor di più per i centrocampisti d’inserimento, Anguissa e McTominay. Lukaku ha fatto a sportellate, ha lottato, ha incarnato alla perfezione il mantra di Conte per certe occasioni: sporcarsi le mani. […] È partito subito forte: in gol all’esordio contro il Parma, poi ha colpito Cagliari e Como, e ha iniziato a fare la differenza anche con le big. Ha steso il Milan a San Siro, firmato il più classico dei gol dell’ex contro la Roma a fine novembre. Poi tre reti in trasferta: Udinese, Fiorentina e Atalanta, nella partita della consapevolezza. Gol pesanti, decisivi. Come quello alla Juve, su rigore. Poi un piccolo passaggio a vuoto: cinque partite a secco. Ma al Maradona ha ripreso a colpire, sempre nelle sfide importanti: Fiorentina, Milan, Empoli. Con il Genoa è arrivato il tredicesimo. E poi, contro il Cagliari, è successo quello che sappiamo. L’abbraccio con Conte, lo scudetto sul petto, il cerchio che si chiude”
