I “pellegrini argentini” pregano per il quarto tricolore azzurro. Il loro mate è ancora caldo, e dal contenitore il fumo sale fino allo zucchetto bianco di Papa Francesco che abbraccia Diego. Il nuovo murale è dello street-artist Juan Pablo Gimenez che, come promesso e nell’attesa che si compia la promessa di un nuovo scudetto, ha disegnato D10s e il pontefice argentino appena scomparso sulla soglia di Largo Maradona.
È un pezzetto del lungo sabato del villaggio dei Quartieri Spagnoli: si protrarrà fino al verdetto del campo che decreterà chi tra Inter e Napoli sarà campione d’Italia. Ogni giorno qui arriva un numero sempre maggiore di turisti, da quando gli azzurri di Conte sono primi in classifica. «Un 20% in più», bisbiglia Antonio Esposito-Bostik, che gestisce La Bodega de Dios e il piazzale di via Emanuele De Deo.
E non parliamo di cifre trascurabili, dal momento che, sempre secondo le stime di Bostik, «nell’ultimo weekend erano arrivate 50mila persone». Dati da location turistica di livello globale. La scaramanzia resta però la prima regola, in questo vaso comunicante tra sacro e profano che è la religione napoletana di Largo Maradona: la festa è in fase di preparazione, ma solo «dopo la partite dell’Inter contro la Torino e del Napoli contro il Genoa prosegue Esposito cambieremo gli striscioni».
Il murale
Maradona e il Papa. Diego e Francesco. I due argentini più importanti degli ultimi decenni si sorridono e si abbracciano. La nuova opera di Gimenez (autore di diversi disegni pregevoli nei dintorni e non solo) prende spunto da una foto reale scattata in Vaticano il primo settembre del 2014, quando il Papa chiese a Maradona quale delle due fosse la «mano de Dios» con cui aveva segnato all’Inghilterra nella semifinale di Messico ’86. «La mano di Dios e la mano di Dio che si sono incontrate», come disse Diego dopo la visita al pontefice. Mani che, da ieri, si incontreranno per sempre ai Quartieri Spagnoli. Sorride, Gimenez, mentre disegna l’aureola sulla testa di Maradona. Poi, nel suo italo-spagnolo.
E aggiunge: «Ho anche disegnato un dipinto per Politano, me lo ha commissionato un suo amico». Sulla parete ora occupata da Maradona e Francesco, prima c’era un poster di Totò Schillaci con la maglia della nazionale, ora sloggiato per far spazio agli argentini. A breve, Gimenez ci aggiungerà i disegni McTominay e mister Conte.
«Ma soltanto dopo la prossima partita di campionato interviene Bostik farlo prima porta sfortuna». Dio e la ciorta, da queste parti, sono quasi sinonimi. In Largo Maradona potrebbero riapparire anche le sagome di Lukaku e compagni, portate in processione, ma solo dopo i risultati di domenica prossima. «Se l’Inter, che gioca alle 18 contro il Torino, non vince conclude Esposito riportiamo le sagome di Lukaku e degli altri mentre si gioca Napoli-Genoa». Restando in tema di sagome, c’era un cartonato di Maradona e Kvara abbracciati, in via De Deo. La testa del georgiano, però, è stata tranciata di netto dopo il passaggio al Psg, e di lui resta visibile solo il numero 77 sui pantaloncini. Largo Maradona non riabbraccia tutti i simboli del calcio Napoli. Ci sono Mertens e Hamsik, per esempio, ma non c’è traccia di Higuain. Il tifo azzurro è una religione che, per certi versi, si ispira al Dio spesso vendicativo dell’Antico Testamento. Allo stesso tempo, però, omaggia il Papa argentino. I mix giovano.
L’afflusso
È un normale martedì lavorativo, ma il flusso di “pellegrini” calcistici è sorprendente. Un fiume che non si ferma mai. Tutti a omaggiare il murale di Diego, in questa ex discarica decennale diventata oggi epicentro del turismo internazionale: l’ultimo miracolo di D10s. I numeri raccontano che questa è ormai una location in grado di rivaleggiare con i principali siti culturali italiani. Che piaccia o meno. Colpisce, in particolare, la quantità di scolaresche in gita che si alternano in Largo Maradona, accompagnate dalle guide turistiche: arrivano dalla Sicilia, dalla Toscana e da tutta l’Italia.
«Non mi piace che siamo venuti qui sbuffa una prof siciliana è solo calcio». «A noi invece interessa la storia di Maradona», le risponde piccata una studentessa. I turisti arrivano da ogni angolo di mondo. In tanti, ultimamente, anche in kilt dalla Scozia. Spiccano come sempre gli argentini e ieri si beveva mate in via De Deo. Martin Bustamante fa un sorso e riassume: «Sono venuto a Napoli solo per Maradona. Gli ho portato la camiseta del Mendoza. Tutti noi argentini facciamo il tifo perché il Napoli vinca lo scudetto: questa è la sua vera tomba». E intorno a questo sepolcro dei Sud, a questo stargate spazio-temporale tra Napoli e Argentina, sono nate – si sa – decine di attività commerciali. Anche b&b, bagni e depositi bagagli.
Lorenzo Henrici è un ventenne di Fuorigrotta e stacca i biglietti nel museo di Diego che sorge a pochi passi dal murale: «Mentre continuo gli studi, ho trovato lavoro grazie a Maradona – sospira – Ospitiamo e la statua di Sepe, la maglietta di Maradona della finale mondiale contro la Germania e il giubbotto del video di Live is Life». Reliquie, più che cimeli.
Fonte Il Mattino
