Morte Diego Maradona. Martedì inizia in Argentina il processo: sette gli indagati, rischiano fino a 25 anni di carcere
La verità sulla morte di Diego Armando Maradona. La chiede a voce sempre più alta il popolo maradoniano, sconvolto il 25 novembre 2020 dalla notizia della sua morte, a poco più di sessant’anni, in quello spoglio appartamento del Barrio St. Andres a Tigre, nella cintura urbana di Buenos Aires. Iniziative social
dall’Argentina a Napoli, dove battono sempre forte i cuori nel ricordo del Capitano dei due scudetti e della Coppa Uefa, dell’uomo che portò nella storia la squadra azzurra. «Giustizia per Diego, bisogna vincere quest’altra battaglia», dice l’avvocato napoletano Angelo Pisani, che aveva rappresentato Maradona in quella – vinta a distanza di anni e dopo la sua scomparsa – contro il Fisco italiano.La prima udienza per accertare le cause della morte di Maradona è fissata martedì 11, alle ore 9, presso il tribunale di San Isidro. A quattro anni e quattro mesi da quel 25 novembre. Ci sono sette indagati, tra medici e paramedici a cui era stato affidato Diego dopo l’operazione al cervello, accusati di omicidio con dolo eventuale perché vi sarebbe stata negligenza nelle cure per un ammalato molto complesso, cardiopatico, con alle spalle (forse non completamente) problemi di droga e alcolismo. Si tratta del neurochirurgo Leopoldo Luque, che in quel periodo era il medico più vicino a Maradona; della psichiatra Agustina Cosachov, dello psicologo Carlos Diaz, della coordinatrice sanitaria Nancy Edith Forlini, del coordinatore degli infermieri Mariano Ariel Perroni, del medico Pedro Pablo Di Spagna e dell’infermiere Ricardo Almiron. Stralciata la posizione dell’infermiera Dahiana Gisela Madrid. Il legale di Almiron si è visto respingere dai giudici Maximiliano Savarino e Laura Minci la richiesta di un ulteriore rinvio del processo, il cui inizio era stato fissato in origine il 1° ottobre scorso.
I pm che hanno indagato sulla morte di Maradona, Patricio Ferrari e Cosme Iribarren, hanno raccolto 150 prove documentali e convocato 190 testi, tra cui le
compagne di Diego, le figlie, l’avvocato e manager Matias Morla. Era stato invitato a deporre lo storico medico di Maradona, Alfredo Cahe, che lo salvò dalla morte quando ebbe un attacco cardiaco a Punta del Este 25 anni fa ma è scomparso. Le sue accuse erano state forti: «Maradona è morto perché è stato curato male». Tesi appunto sostenuta dai magistrati della Procura di San Isidro, che hanno sottolineato che l’agonia del Campione in quell’appartamento alla periferia di Buenos Aires sarebbe durata circa dodici ore. Da parte dello staff sanitario – venne fatto osservare nella relazione dei periti – vi fu «un comportamento negligente e sconsiderato, che incrementò i rischi per il paziente fino a determinare un fatale sviluppo che si sarebbe potuto evitare. Le omissioni di certe azioni dovute e le azioni per contro nocive alla salute hanno posto la vittima in uno stato d’incuria e hanno lasciato che Maradona andasse incontro al suo destino».
Valutazioni pesanti, puntualmente contestate in questi anni dai legali dei sette rinviati a giudizio, in particolare quelli del neurochirurgo Luque, che già subì una “condanna popolare” insieme al manager Morla in occasione della manifestazione che venne organizzata a Buenos Aires nella primavera 2021, con la partecipazione di Claudia Villafane, ex moglie di Maradona, e delle loro figlie Dalma e Gianinna. Per i medici, Diego era un malato ingestibile e respingeva le cure. Durante il processo dovrà essere anche chiarito quanto accadde dopo l’operazione al cervello che Maradona aveva subito a inizio novembre, tre settimane prima di morire: chi decise di trasportarlo in quell’appartamento e di affidarlo a un’équipe ritenuta ora dai magistrati poco professionale, anziché recepire l’indicazione dei medici della clinica Olivos e trasferirlo in una struttura attrezzata per la convalescenza? Fonte: Mattino.it
