Ci si dimentica, spesso, da dove si è partiti. Accade nella vita ed anche nel calcio che ne è metafora. Il Napoli non è stato “costruito” per vincere il campionato, eppure è lì, ad un punto dalla corazzata nerazzurra. Sembra davvero che l’ultimo mese, condito sì da una serie di non vittorie, ma allo stesso tempo di infortuni e cambi modulo, sorprenda, quando invece dovrebbe sorprendere il quanto fatto finora. “Conte sta andando oltre ogni più rosea previsione”, si legge su La Gazzetta dello Sport che si sofferma ed elogia il lavoro dell’allenatore del Napoli: “Vero, il suo ingaggio vale di per sé un cambio di rotta immediato e un ritorno alla competitività. Però, non era facile ricostruire così velocemente dalle macerie. Spalletti vinse al secondo anno, riuscendo a convincere il gruppo rivoluzionato dagli addii di Insigne, Mertens e Koulibaly e dagli arrivi di Kvaratskhelia, Kim, Simeone e Raspadori, a poter andare a dominare su tutti i campi rimanendo uniti e cercando di imporre sempre la propria filosofia alla ricerca della bellezza. Antonio, invece, è lì a giocarsela dopo appena sette mesi di lavoro, dopo un’altra – e assai più complessa – rivoluzione”
