“Good to great” è una delle bibbie del capitalismo americano: il best seller di Jim Collins sul percorso che le buone aziende devono compiere per diventare grandi aziende. Uno dei punti chiave, stando all’editoriale di Massimiliano Gallo sul Corriere dello Sport di quest’oggi, è che ogni azienda ha la propria personalità, la propria fisionomia. Non sempre è un bene catturare il grande nome che è abituato a muoversi e a misurarsi in altri contesti, in altre dimensioni. È un principio che “l’americano” Aurelio De Laurentiis ha ben presente. Ed è in nome di questo principio che il 2 aprile 2024 ha annunciato l’arrivo di un nuovo direttore sportivo: il “giovane” Giovanni Manna. Aveva 36 anni Manna (in Italia, capitale del nonnismo, a 36 anni si è considerati adolescenti) anche se in realtà dal 2019 lavorava in un’azienda come la Juventus. Lì, si è costruito la fama di enfant prodige. Curando prima l’Under 19 bianconera e poi il progetto Next Gen dove ha lavorato e contribuito a sfornare talenti del calibro di Yildiz, Fagioli, Miretti, Iling junior, Soulé.
Napoli è la città da cui negli ultimi anni è stata lanciata un’opa sul calcio italiano. E nel laboratorio aureliano, da un anno e mezzo l’alchimista del mercato è lui. Un professionista che parla poco, il giusto. Che sorprese la piazza lo scorso gennaio quando, dopo la sessione che portò alla cessione di Kvaratskhelia, convocò una conferenza stampa per assumersi le responsabilità di acquisti non all’altezza del georgiano. Il mea culpa nel calcio è più raro di un quadrifoglio. Manna lavora quotidianamente tra due vulcani perennemente in attività: Conte e De Laurentiis che non a caso non hanno mai rotto, al contrario di ogni previsione. In questo ambiente magmatico cuce i rapporti con lo spogliatoio e contestualmente tesse la tela per il presente e il futuro. Non ha mai gonfiato il petto, eppure in sole tre sessioni di mercato ha portato a casa colpi da urlo: da McTominay a De Bruyne, fino a Hojlund. Citiamo i nomi che da soli basterebbero a segnare il salto di qualità di un ds. Ha gestito e condotto un mercato estivo complesso: a lui era affidato il compito di allungare e rinforzare la squadra. I soldi possono anche esser spesi male, è bene ricordarlo. Ha misura. Sa quando esporsi e quando no. Quando usare il bastone e quando la carota, anche in tv. Ha saputo condurre in porto un colpo come De Bruyne praticamente lontano dai riflettori. Soprattutto, ha confermato che l’Italia sbaglia a non fidarsi dei propri giovani. Il punto è trovare qualcuno disposto a offrire loro una chance.
