Jonathan Rowe parla, racconta, ride e scherza. Lo fa ai microfoni del CdS. Un ragazzo brillante come in campo, gentile e molto british sia nel look sia nei toni, mai più alti dei rumori che riempiono in sottofondo il saloncino dell’elegante Mandarin Oriental Al Faisaliah, il quartier generale del Bologna a Riyadh. Ma quando il gioco si fa duro, beh, la voce si abbassa e diventa più profonda, e gli bastano due parole. Domanda: «Lei ha conquistato con l’Under 21 inglese l’Europeo in Slovacchia ma non ha mai vinto nulla con un club…». Neanche il tempo di concludere la frase che lui, con tempi scenici da Oscar, ruota testa e dread con lo sguardo di chi sa il fatto suo e con il dito puntato irrompe come James Bond: «Not yet». Non ancora: ladies and gentlemen, la finale di Supercoppa è già cominciata. ![]()

Bella responsabilità il rigore contro l’Inter.
«È sempre difficile tirarli in partite importanti».
È andata molto bene. Rigorista?
«Io? È stato il secondo rigore che ho calciato in carriera!».
Il coraggio non le manca mica.
«Credo in me stesso e l’ho fatto per aiutare la squadra».
Dicevamo: è a un passo dalla conquista del primo titolo con il Bologna.
«Sì, sarebbe il primo: darò e daremo tutto per provare a vincere».
Lo farà anche il Napoli, c’è da scommetterci.
«Grande squadra, con giocatori forti. Sarà una bella sfida: speriamo di confermarci come è accaduto in campionato».
Conte difende a cinque.
«Questo è uno degli aspetti più complessi del calcio italiano: in tanti difendono così ed è più difficile per gli attaccanti».
Sarà una sfida piena di esterni di grande livello: Rowe, Cambiaghi, Orsolini, Neres, Lang, Politano.«Sì, è vero. Mi spiace solo che Bernardeschi non ci sarà».
Il Bologna punterà al secondo titolo in sette mesi. Il ruolo di “grande” le appartiene?
«Sì, è un grande club con una mentalità forte come le big. Stiamo crescendo passo dopo passo».
Anche nel gruppo si respira un’aria stupenda.
«È davvero un bell’ambiente e anche la concorrenza è un fattore positivo. Tutti lottano per giocare e questo non fa che aiutare la crescita».
La Premier con il Norwich, la Ligue 1 con l’OM e ora la Serie A.
«Mi piace molto. Mi piace il calcio italiano, è una sfida che mi aiuta».
Lei è cresciuto a Wembley, un tempio del calcio: diventare calciatore era scritto nel destino.
«No, non credo nel destino. Se non hai talento non basta crescere a Wembley, anche se le persone e la famiglia mi hanno sempre aiutato. La cosa fondamentale è il lavoro».
Italiano e De Zerbi sono due cultori della materia: differenze?
«De Zerbi preferisce il fraseggio, Italiano è più diretto. Un aspetto unico di Italiano è che comunica la formazione un’ora e mezzo prima della partita. Sta imparando l’inglese, a volte mi chiede qualcosa e lo aiuto».
Giocherà domani?
«Lo saprò un’ora e mezzo prima».
Appunto. E lei sta studiando l’italiano?
«Sì, certo. Le prime parole che ho imparato sono ciao, buongiorno e sono molto stanco (ride, ndi). E poi i compagni mi spiegano tutto, soprattutto prima delle partite».
Che effetto le fa essere l’acquisto più ricco della storia del Bologna di Saputo? Valore di 19,5 milioni.
«Nessun problema e nessuna paura. Penso solo a lavorare e a dare il massimo».
Cibo italiano preferito?
«La pasta al pesto. Fantastica».
Ci pensa alla nazionale inglese?
«Sì, ma bisogna lavorare ogni giorno e migliorare. Il resto verrà da solo. E comunque… ».
Cosa?
«In testa ho solo la finale».
