Ricordi di Supercoppa azzurra, 1990-91: dalla cinquina alla Juventus al turbolento addio di Diego

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Sembrava l’inizio di un nuovo capitolo di trionfi e invece fu l’ultimo, il sigillo a un’era indimenticabile. Gli anni gloriosi di Maradona a Napoli si chiusero il 1° settembre del ’90 con la conquista della Supercoppa, quattro mesi dopo il secondo scudetto. Cinque gol alla Juve, la nuova Juve di Maifredi e Baggio.

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Le doppiette del centrocampista Crippa e dell’attaccante Silenzi, arrivato dalla serie B come vice di Careca, che segnò la quinta rete. E Diego? Lui non segnò. Era già accaduto nella finale del Mondiale ’86 e in quella della Coppa Uefa ’89, come nelle domeniche decisive dei due scudetti. «Non ho segnato ma a me è bastato alzare la Coppa», raccontò a Francesco Marolda del Mattino. Gli applausi e i cori dei 65mila del San Paolo, davvero sembrava l’inizio di una nuova stagione di gioie. E invece il Napoli l’avrebbe conclusa a metà classifica in campionato e non andando al di là del secondo turno di Coppa dei Campioni. E, soprattutto, dando l’addio a Maradona. Il più triste dei congedi: squalifica per cocaina, diventata la sua compagna in notti infinite. Tutti sapevano, nessuno agiva. E arrivò – 17 marzo del ’91, partita con il Bari – la domenica del test antidoping che non fu gestito dal Napoli come i precedenti, utilizzando le urine di un compagno di Diego.

La sera del 1° settembre Maradona aveva rimesso piede a Fuorigrotta a due mesi dalla semifinale vinta ai rigori dall’Argentina contro l’Italia. Per giustificare quella sconfitta dalla sponda azzurra in molti raccontarono la bugia del tifo contro la Nazionale e in favore della Seleccion. Non era vero. I napoletani, a differenza di altri italiani, non fischiarono l’inno argentino, né offesero Maradona, il loro Capitano, e i suoi compagni. Lui, dopo la squalifica, parlò di una “mano nera”. Ma nessuno aveva messo cocaina nelle sue urine: ne aveva, come sempre, consumata tanta e fu scoperto. Accusò, tra gli altri, il presidente della Federazione dell’epoca, Matarrese, che domenica scorsa è stato visto davanti al murale di Diego ai Quartieri spagnoli: ha accarezzato la testa di una statua del Pibe con un sorriso.

Quella sera di settembre, dopo aver affondato la Juve, Diego vedeva un orizzonte azzurro davanti a lui e al Napoli. «Ogni volta che attaccavamo era mezzo gol», si compiacque Diego, accarezzando la Supercoppa. «Abbiamo reso facile una partita difficile. Un bell’incentivo per il nuovo campionato ma guai a pensare che saranno tutte facili». E infatti i Campioni d’Italia fecero un solo punto nelle prime tre partite.

Maradona era perso nei suoi problemi di tossicodipendenza, aggravati dal peso della finale del Mondiale persa a Roma contro la Germania. Capì, mentre l’Olimpico fischiava l’inno argentino, che sarebbe stata sempre più dura la vita per lui in Italia. Dal campo, ripreso dalla telecamera, urlò “figli di puttana” a quelli che dalle tribune insultavano. E per questo rischiò di non giocare la finale del Mondiale. L’arbitro messicano Codesal ha rivelato di aver pensato di espellere Diego per l’insulto. Non lo fece. Ma con qualche decisione dubbia accompagnò la Germania verso la vittoria.

 

Fonte: Il Mattino

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