Cannavaro a Il Mattino: “Il punto sul Centro Paradiso. Un sogno? Italia-Uzbekistan ai Mondiali”
«Scudetto e Coppa è tutto in gioco»
«Se va al Mondiale la gelatina può mettersela anche Rino». Se l’era legata al dito la battuta di Gattuso e allora Fabio Cannavaro, l’ultimo Pallone d’Oro del nostro calcio, il capitano che alzò la coppa al cielo di Berlino, ora da ct dell’Uzbekistan qualche sfizio se lo toglie. «Ho sempre avuto zero possibilità di andare sulla panchina della Nazionale. E poi Rino se lo merita di stare lì: non è solo grinta, non è solo agonismo». È la prima volta che parla dopo la scelta di andare a guidare la nazionale ubzeka, qualificata al Mondiale 2026. Lo fa in uno dei suoi posti del cuore, da “Cicciotto a Marechiaro”, ospite di Gianluca e Vincenzo Capuano.
Cannavaro, che sensazione le dà l’idea di tornare 20 anni dopo a un Mondiale da ct?
«Mi capita spesso di pensare alla notte della finale con la Francia. Nei vent’anni prima l’Italia era arrivata in semifinale con l’Argentina, aveva perso una finale con il Brasile, era uscita in Francia senza perdere una gara e in Corea era stata derubata. Prima del 2006 era tutto un “wow” dopo è un lunghissimo “mamma mia”».
Perché stiamo così indietro?
«Quando ho iniziato io, mi ripetevano che dovevo marcare il mio uomo anche in bagno. Ora c’è solo tattica nei settori giovanili: Wenger spiega bene come costruire un giovane, puntando tutto sulla tecnica dall’inizio. Come le basi di una casa».
Chi vince lo scudetto?
«La rosa più forte è quella dell’Inter. Se penso a tutti i dubbi che c’erano attorno a Chivu mi viene da ridere: sembrava che prima di allenare i nerazzurri facesse il salumiere. È uno che mastica calcio da quando aveva 5 anni…».
D’altronde, come lei.
«In Italia quelli come me, Totti, Del Piero e Maldini li considerano ancora solo come personaggi da usare come uomini-immagine. Come se non fossi in grado di fare altro. Per questo ho accettato l’Uzbekistan, per dimostrare che ho tantissima voglia di imparare e sacrificarmi ancora».
Il Napoli di Conte va troppo a corrente alternata?
«Come le altre, fa ancora fatica a trovare continuità nella prestazione. È ancora una gara, in testa, a chi sbaglia di più. Conte ha una rosa che, a mio avviso, è giusto un passo indietro a quella dell’Inter quando è al completo. Ora paga due cose: gli infortuni, che sono davvero tanti, e il doppio impegno Champions-campionato. Ma Antonio lo conosco bene: alla fine il suo Napoli sarà sempre tre le prime della classifica. Così come faccio fatica a immaginare un Milan che non resterà in corsa per titolo: giocare solo il campionato è un vantaggio non da poco conto. Il calcio è cambiato: siamo passati dal gioco di Sarri a quello di Gasperini. E ora siamo tutti figli del Gasp».
Ora c’è la Supercoppa Italiana a Riad. Le piace?
«Il fatto che si giochi in Arabia è una cosa molto bella. Ma la formula delle semifinali proprio no. Io sono ancorato al tradizionale fascino della partita unica».
In Champions il Napoli può ancora andare ai playoff?
«Lo scorso anno, con la Dinamo Zagabria, incredibilmente con 11 punti non ci siamo qualificati nonostante la vittoria con il Milan. Con questa formula, devi stare attento alla differenza reti. Quest’anno credo che saranno più che sufficienti: gli azzurri hanno una gara a Copenaghen e poi l’ultima con il Chelsea. Penso che possano conquistare quattro punti».
Contento per la vittoria di Spalletti a Bologna?
«Io ho una grande stima per lui. Qui a Napoli, nei suoi due anni sulla panchina azzurra, ho avuto modo di conoscerlo a fondo e apprezzarlo per la sua passione e la sua competenza. La Juventus si è messa nelle mani giuste per risalire».
Come ct, però…
«Quello è un altro mestiere e ore me ne sto rendendo conto: con i miei collaboratori (tra gli altri c’è Ciccio Troise, ndr), passiamo giornate intere a studiare uzbeki in giro tra India, Iran, campionati giovanili».
Il Centro Paradiso a che punto è?
«Ci vuole almeno un anno. Farò una scuola calcio, cercheremo di dare a tutti la possibilità di respirare l’aria del Centro Paradiso. Io mi emoziono sempre, c’è il Murale di Diego, c’è la storia del calcio a Napoli».
Sarebbe un sogno Italia-Uzbekistan ai Mondiali?
«Sarebbe più di un sogno: perché significherebbe che l’Italia si è qualificata per la fase finale. E non farlo sarebbe una cosa umiliante. E che noi abbiamo passato il turno in un girone dove ci sono Colombia e Portogallo».
Fonte: Il Mattino
