Hojlund interrompe il lungo digiuno: “Ma non faccio solo gol…”

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Sessantatré giorni di digiuno e non sentirli, mentre incurante del freddo Rasmus Hojlund si lascia accarezzare l’anima da quel senso di felicità che lo pervade:

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“E come volete che stia?”

Cinquanta milioni santi e benedetti, perché in questa notte magica, in cui Napoli se ne sta dolcemente a guardare il Mondo dall’alto, la memoria va alla scorsa estate rovente, devastata psicologicamente dall’incidente a Lukaku e risistemata, immediatamente, telefonando a Manchester, gli amici dell’anno scorso, ai quali – implorandoli e sommergendoli di pounds – dopo aver preso McTominay bisogna chiedere Hojlund. Ci sono serate in cui la storia s’accomoda dentro un’area di rigore e chiede d’essere accolta a braccia aperte: e dopo due mesi di totale astinenza, spaccati da quella lukakizzazione per lanciare Neres contro l’Atalanta, Hojlund è uscito dalla capanna e ha esibito il meglio della propria natura, la figura piena e rotonda di un attaccante al quale bisogna solo chiedere di essere stesso.

“Sono soddisfatto – dice a fine partita –, perché è arrivata una doppietta e per un centravanti la cosa più importante è il gol. Ma sono contento per la vittoria, per lo spirito di sacrificio di tutti”.

 

La panchina

Minuto sette, c’è un pallone che vaga in quei sedici metri, è il regalo che David Neres ha confezionato dopo avere sventrato Koopmeiners sulla corsa: i centravanti di un tempo eterno sanno rubare lo spazio, giocare d’anticipo, travestirsi da avvoltoi moderni e Hojlund altro non chiedeva che calarsi nel ruolo. Minuto 78’, la scena è simile eppure diversa, perché in quella zona del campo ch’è la sua, il principe del gol s’è ripresentato in tutte le sue fattezze, ha ringraziato McKennie per il cadeau e si è sbarazzato di qualsiasi dieta forzata.

“Sono grato alla panchina e per questo, dopo aver segnato, ho indicato loro: mi suggerivano di attaccare centralmente, di sfruttare lo spazio”. Hojlund 2, Juventus 1, per riscrivere la classifica, per uscire dagli equivoci di sei settimane un po’ bastarde. “Io faccio anche altro, per esempio pressare, una cosa che assolutamente non mi dispiace. Tengo alta la squadra. Ci godiamo questo periodo, il primo posto in classifica. E aspettiamo che tornino i nostri compagni“. Nell’attesa, ci pensa Hojlund.

Fonte: Gazzetta

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