Napoli–Como: Conte ritrova Fabregas

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Lo scorso anno erano arrivati ​​in Serie a spingendosi in avanti, sognando la Champions. Non è arrivata, alla fine, ma per larghi tratti della stagione l’avrebbero anche meritata. Stavolta, però, il sogno non è più tanto quello, piuttosto un obiettivo. Reale? Concreto? Lo dirà la strada che il Como di Cesc Fabregas farà in campionato. Ma per ora non è possibile lamentarsi: 16 punti che valgono il 5° posto, a due punti dalla zona Champions, comunque in piena zona europea. Il giardino di casa Fabregas: lo spagnolo che in Europa ha trovato larga parte delle sue fortune, larga parte dei suoi successi, che ora sta plasmando una banda di ragazzini terribili con la testa libera e le gambe fortissimi. Con principi tecnici e tattici chiari: spettacolo e efficacia.

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Insieme hanno giocato 86 partite. Uno in panchina, l’altro a correre. Antonio Conte e Cesc Fabregas si ritroveranno ancora una volta, stavolta con lo stesso ruolo. L’ultima occasione è uno spartiacque della vita del Napoli contiano: la sconfitta per 2-1 dello scorso febbraio al Sinigaglia è stata l’ultima nell’anno del quarto scudetto. Come inevitabile per regalare poi la forza giusta a Lukaku e compagni.
Un pomeriggio da dimenticare per tutti che ora il Napoli vuole vendicare. Ma arriva al Maradona una delle squadre più scomode del momento: il Como ha battuto la Juventus e la Lazio, ha fermato l’Atalanta e stracciato il Verona nell’ultimo turno. Un elemento sorprende più degli altri: i soli 6 gol subiti fin qui dalla banda Fabregas. Meglio dell’Inter e del Napoli, meglio del Milan e della Juventus. Solo la Roma (4) ha saputo fare meglio. Una novità in più, una ritrovata sicurezza. Che passa dal lavoro, ma non solo, anche dal mercato, che per il Como è stato da assoluto protagonista.
Non bastavano i talenti già in squadra, Cesc ha saputo aggiungerne altri. Tutti fuori dalla Serie A, però. Perché, per ammissione stessa dello spagnolo, era difficile fare meglio attingendo dal nostro campionato. E allora ecco l’internazionalizzazione di un progetto vincente con oltre 100 milioni spesi: Jesus Rodriguez che viene dietro solo dopo la stella di Paz, pagato oltre 20 milioni. Altri 20 erano stati sborsati per Khun, mentre 18 erano finiti nelle casse della Dinamo Zagabria per un gioiellino come Baturina. Uno che mezza Europa aveva adocchiato e che il Lago ha convinto con la futuribilità del progetto vincente. E poi tanti colpi di contorno, ma mica meno importanti: Valle dalla Liga (6), la sostanza di Addai dall’Eredivisie. Acquisti mirati, riusciti. Frutto del lavoro di uno scouting continuo, innovativo. In un 4-2-3-1 che mette insieme i muscoli di Perrone con la gioia calcistica di Nico Paz: l’argentino ha il dente avvelenato contro il Napoli, dal primo gol della sua carriera in Champions League contro gli azzurri alla partita-spettacolo dello scorso campionato decisa da Diao, tornato proprio nell’ultimo turno dopo un lungo infortunio.
Ci sono? No, perché le armi del Como sono sotto gli occhi di tutti. Innanzitutto: in questa stagione Cesc ha inevitabilmente allargato la rosa a disposizione, alzando la competitività e con alle spalle un progetto con più esperienza. Quello che aveva già messo in conto Suwarso. E poi le idee dello spagnolo, quelle sì che fanno la differenza: Cesc ha chiesto di investire sui giocatori bravi nell’uno contro uno, abili a dare risalto al suo modo di vedere il calcio con pressione in mezzo e sulla trequarti costante, risalita del campo veloce e bravura nei meccanismi offensivi, provati e riprovati più volte.
Persino Posch, arrivo estivo che sembrava così lontano dal suo modo di fare calcio, si è integrato alla perfezione quando è andato in campo. L’ultimo passo? Centrare l’Europa – a qualsiasi livello – sarebbe un bellissimo finale per il primo capitolo di questa favola sportiva. Per farlo, servirà portarsi a casa scalpi importanti, non solo quando si gioca al Sinigaglia. Ecco perché domani, contro il Napoli, l’obiettivo dei comaschi sarà la vittoria senza avere alternative. Paz e compagni sanno già come si battono gli azzurri. Ma lo hanno fatto quando lo scudetto non era ancora sulle loro maglie.
Fonte: Il Mattino
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