Maradona e la legge di gravità: sono passati quarant’anni

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Quando nello scorso aprile Stefano Tacconi è arrivato a Largo Maradona per donare a Diego, il suo amico Diego, il quadro di un loro abbraccio dopo una sfida Juve-Napoli a Torino, realizzato dai gemelli Franchi, ha sussurrato: «Con quel gol, alla fine, ha reso popolare anche me».

Sono passati 40 anni dal pomeriggio di pioggia al San Paolo, 3 novembre 1985. La Juve imbattuta che arriva in casa di Capitan Maradona per la sfida con una squadra ricca di ambizioni dopo un sontuoso calciomercato diretto da Ferlaino, Allodi Marino che aveva portato in azzurro GarellaRenicaPecci e Giordano. La Juve del Trap e di Platini, reduce da 8 vittorie in 8 giornate, era un’avversaria maledetta, perché gli azzurri da dodici anni non riuscivano a batterla. E quella sembrava l’occasione giusta.
Diego, scrive Il Mattino, aveva iniziato a far paura alle grandi nel precedente campionato. Proprio Tacconi cercò di esorcizzare il timore per il Dieci azzurro. Nel ritiro di Formia, forse tradito dall’emozione, disse in un’intervista: «Maradona? Ha ancora tanto da imparare». Sbagliò verbo: avrebbe dovuto dire da insegnare. Fecero leggere quel titolo a Diego, come alcune righe ironiche di Platini, e lui si caricò ancor di più. E quella domenica, al minuto 27 del secondo tempo, consegno il Napoli e sé stesso alla storia con un leggendario gol, quello che – commentarono subito – aveva sfidato la forza di gravità e anche costretto alcuni tifosi ad andare al pronto soccorso perché svennero per l’emozione.
Giuseppe Pacileo, prima firma del Mattino, scrisse: «Un’esplosione nucleare di esultanza quando Diego, servito cortissimo da Pecci, ha spedito alla sua inimitabile maniera il lieve pallonetto all’incrocio dei pali sulla sinistra di Tacconi (calcio a due in area per giuoco pericoloso di Scirea). Un tripudio moltiplicato per dodici, quanti erano stati gli anni della disillusione». 
Su quel gol Maradona, intervistato da Franco Esposito, commentò: «Ho detto a Pecci di spostare appena il pallone, volevo calciarlo sopra la barriera. Una cosa difficilissima. Ho avuto fortuna. Platini? Lo ha battuto il Napoli, non Maradona. Dedico la vittoria a Napoli: la città me l’aveva chiesta in settimana e non potevo deludere chi mi ama».
A distanza di anni Pecci, il magnifico regista che aveva paura di volare ma non di sognare accanto a Diego, raccontò: «Lui mi disse di servirgli la palla. C’era una barriera fitta e gli risposi: non passa. E Diego: tranquillo, passa. Fai come vuoi, Maradona sei tu». Maradona in tutta la sua grandezza piegò la Juve del Trap che sembrava imbattibile e vinse il duello con Platini. La magia di Diego e un po’ di scaramanzia.

 

Ci sono giocate e gol che cambiano la storia di una squadra e di un popolo. Maradona lo sapeva. Le sue prodezze non sono state soltanto quelle che hanno consentito di vincere. Sono stati straordinari segni di rivincita. Come quella del Napoli sul Nord potente e arrogante. Come quella dell’Argentina sull’Inghilterra durante la guerra delle Malvinas.
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