Il Napoli crolla in Olanda e lascia dietro di sé più dubbi che certezze. Il 6-2 incassato dal PSV in Champions League segna uno dei momenti più difficili dell’era Conte, con una squadra irriconoscibile, fragile e priva di quella feroce compattezza che lo scorso anno l’aveva portata in alto.
Antonio Conte, ai microfoni di Sky Sport, ha provato a mantenere il sangue freddo, ma tra ironia e amarezza ha fatto intendere che qualcosa si è inceppato.
«Io senza grinta in panchina? Sì sì, sicuramente il 6-2 è colpa mia che ero poco aggressivo. La prossima volta mi porto sgabello e frusta come un domatore di tigri», ha detto il tecnico con tono tagliente. Poi, più analitico: «Giocare in Europa ci ha portato a inserire nove giocatori nuovi, forse troppi. Queste cose non accadono per caso».
Conte ha poi ricordato il passato vincente: «L’anno scorso abbiamo vinto un campionato straordinario con pochissimi giocatori, tutti oltre i propri limiti. Avevamo compattezza».
Un concetto che torna anche nelle dichiarazioni più recenti, dove l’allenatore parla di “alchimia da ricreare”:
«Cercheremo di ritrovare quella dell’anno scorso, sapendo che ci sono tante nuove teste. Serve tempo per la giusta connessione».
Ma la verità è che il tempo stringe. Le assenze di uomini chiave come Højlund e Lobotka, unite ai recuperi affrettati di McTominay (autore dei due gol del Napoli), hanno certamente pesato, ma non bastano a giustificare una disfatta di tali proporzioni.
Il Napoli appare svuotato mentalmente e fisicamente, e lo stesso Conte ammette la complessità del momento:
«Quando freno e parlo di stagione complessa non è per trovare scuse, ma perché vedo cose e situazioni che mi portano a pensarlo».
Ora, però, non c’è più spazio per analisi o parole. Sabato alle 18, al Maradona, arriva l’Inter in un match che può già indirizzare la stagione. Servirà il vero Napoli, quello che sa soffrire e reagire, quello che non teme di guardarsi allo specchio.
Perché dopo Eindhoven, non bastano più le giustificazioni: servono risposte, orgoglio e quella identità che Conte ha sempre preteso dalle sue squadre.
Diego Marino
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