Stefano Fiorini, l’ex presidente dei preparatori sugli infortuni: «Prevenzione? Serve una rivoluzione culturale»

«Troppe partite ma anche qualche errore»

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Sono 65 gli infortuni che la Serie A conta oggi, alla seconda sosta di campionato per le nazionali. Un numero enorme, in contemporanea, e neppure il più alto del continente. Tra i cinque migliori campionati europei, infatti, quello italiano è sul podio, ma sul secondo gradino: la Bundesliga ha il triste comando oggi (74 infortuni) con la Ligue 1 a chiudere il podio dei peggiori (62). «Non può essere un caso, da anni ormai questi numeri si ripetono» le parole di Stefano Fiorini, preparatore atletico con anni di esperienza tra prime squadre in serie a e settori giovanili, ex presidente Aipac (Associazione Italiana Preparatori Atletici di Calcio) e oggi spettatore interessato di quanto accade: «Un vero e proprio “bollettino” di guai a ogni domenica. Qualche settimana fa, nel giorno del derby di Roma, ebbi la possibilità di passare un pomeriggio intero alla tv per vedere tutto il programma della Serie A. A ogni gara c’era almeno un problema muscolare».

 

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Un guaio, quello degli infortuni, che sta condizionando pesantemente le prestazioni delle italiane e non solo: «Le soluzioni ci sono, ma sono complesse. Abbiamo perso, forse, il filo conduttore del lavoro in campo: non parlo di alcun caso specifico per i club di A, ma negli ultimi anni c’è meno omogeneità nella proposta di allenamento e nelle sollecitazioni proposte ai calciatori durante la settimana».

Una settimana che è spesso complicata. Guardiamo al Napoli: al rientro dalla sosta la squadra di Conte dovrà affrontare 6 partite in 17 giorni. Neppure tre giorni di media tra una partita e l’altra: «I nostri forse si allenano poco. E quando lo fanno, non sempre lo fanno al meglio. Il problema è complesso, diverso per chi gioca le Coppe e chi non le gioca. Troppi impegni? Sì, ma bisogna guardare anche alla specificità degli impegni».

Ma c’è una soluzione? «Sì: serve una rivoluzione culturale nell’organizzazione e nelle proposte di allenamento. Ma non solo in prima squadra, bisognerebbe partire dalle giovanili. Perché i pochi ragazzi che poi riescono ad arrivare in prima squadra devono comunque essere già abituati al tipo di impegno fisico che gli verrà richiesto per performare ai massimi livelli. Nella gestione quotidiana si rischia di non riuscire a programmare in maniera adeguata il lavoro, in molti casi si tende a privilegiare l’aspetto tattico piuttosto che lo stimolo di livello fisico». 

E la prevenzione? Oggi Conte può contare ben 7 infortuni in contemporanea e solo uno di questi è di tipo traumatico (la frattura alla mano di Contini). Un dato che indica tutte le difficoltà degli azzurri al momento: «Dobbiamo intenderci sulla parola prevenzione, che deve essere specifica e non aspecifica. La migliore prevenzione è ripetere in allenamento le situazioni che poi i calciatori incontreranno in partita così da preparare il proprio corpo alle sollecitazioni in campo. Il timore, oggi, è che non sia così».

La prevenzione, però, non si fa solo in campo. Le abitudini sono inevitabilmente cambiate, lo sanno bene i club anche di Serie A. A proposito di campionato: solo il Cagliari (8) ha più infortunati del Napoli oggi, mentre i fiori all’occhiello sono Inter Roma, entrambe con una sola indisponibilità nonostante la presenza in Champions e Europa League.

 

«Sempre più calciatori oggi hanno al seguito personal trainer esterni che li accompagnano quotidianamente per far sì che si sia sempre pronti. Ma spesso il rischio è il conflitto tra due metodologie diverse, quella dello staff del proprio club e quella dell’allenatore personale: non sempre, infatti, due buone proposte di allenamento come possono essere quelle sottoposte portano a un’ottima proposta totale»

è certo Fiorini «La Juventus ha aperto una strada in questo senso, inserendo nello staff in queste settimane una figura super partes, che possa controllare e coordinare il lavoro totale delle varie figure per i calciatori. Credo ci sia sempre più bisogno di una figura del genere anche negli staff tecnici delle squadre di Serie A».

 

Fonte: Il Mattino

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