Nel procedimento avviato dalla Procura di Roma nei confronti di Aurelio De Laurentiis per presunto falso in bilancio legato agli acquisti di Manolas e Osimhen, non emergono prove che possano avere effetti sulla giustizia sportiva. Il presidente del Napoli è accusato di aver alterato i bilanci del club tra il 2019 e il 2021, gonfiando le plusvalenze. La Guardia di Finanza ha messo in luce alcune comunicazioni che sollevano dubbi sull’operazione Osimhen, tra cui un sms dell’allora vice ds Pompilio che invita a non lasciare tracce scritte, una mail del presidente del Lille in cui si parla di “valore nominale” per abbassare il prezzo, e una conversazione tra dirigenti napoletani su valutazioni di mercato.
Perché è diverso dal caso Juventus
Tuttavia, secondo la Procura Federale della FIGC, non ci sono elementi per avviare un nuovo processo sportivo, a differenza di quanto avvenuto con la Juventus nel caso “Prisma”. In quel caso, erano emerse prove molto più forti, come intercettazioni compromettenti e documenti – ad esempio la cosiddetta “Carta Paratici” – che mostravano chiaramente manipolazioni dei valori dei giocatori, spesso indicati con la semplice “X”.
Nell’inchiesta sul Napoli, invece, mancano elementi confessione o documentazione che dimostri con certezza l’intenzionalità di falsificare i bilanci. La giustizia sportiva, infatti, ha chiarito che il valore dei calciatori è soggettivo e per provare un illecito servono prove evidenti di dolo, che nel caso di De Laurentiis non sono state trovate. Pertanto, le sentenze precedenti che avevano assolto il Napoli restano valide.
Fonte: Gazzetta dello Sport
