C’è un filo che unisce il Napoli e lo Sporting. Un filo che si chiama Josè Luis Vidigal. Il portoghese ha vestito la maglia dello Sporting fino al 2000, quando poi è approdato in azzurro. Ecco perché lui stesso ammette che quella di domani «è la mia partita, perché Napoli e Sporting sono le squadre alle quali sono più legato». E ci sarà anche lui al Maradona: non in campo ma da commentatore della tv portoghese.
Che Sporting deve aspettarsi il Napoli?
«Sicuramente una squadra in grande crescita, soprattutto per quel che riguarda le competizioni europee. Definirei lo Sporting come un giovanotto che ha un coraggio incredibile e tanta qualità. Insomma, non arriverà a Napoli a fare catenaccio. Si giocherà la partita cercando la qualità come strumento per vincere».
Dall’anno scorso sono cambiate tante cose…
«Nonostante l’addio di Gyokeres, che è tra i più forti mai passati da qui, la squadra non si è abbattuta, anzi. Tutti pensavano che dopo la sua partenza ci sarebbe stato un crollo, ma invece la squadra adesso è più difficile da affrontare perché meno prevedibile».
L’uomo da temere più di tutti?
«Direi il collettivo. Non ci sono singoli di spicco. Prima c’era Gyokeres che vinceva le partite da solo, ora è il gruppo a fare la differenza. Tutti davanti fanno gol».
In panchina c’è un allenatore giovane come Rui Borges.
«Un giovane sorprendente, aggiungerei. Sorprendente soprattutto per il coraggio nelle scelte. La squadra era stata costruita da Amorim e tutti pensavano che dopo il suo passaggio allo United fosse la fine per il club. Invece Borges ha cambiato il sistema e sta giocando benissimo. È un allenatore sveglio, cresciuto velocemente. Quattro anni fa allenava in serie C e al primo tentativo sulla panchina dello Sporting ha vinto il campionato e la coppa. Anche nel rapporto con i giocatori è molto bravo perché si fa volere bene e diventa subito loro amico prendendosi ogni responsabilità di quel che succede in campo».
Un punto debole dello Sporting?
«Sta prendendo più gol rispetto a quando giocavano a 3 dietro. I terzini che spingono danno meno copertura. È cambiato il sistema di gioco, passando al 4-2-3-1 e i tre che giocano dietro la punta sono veloci e dinamici. Difficile capire chi tirerà in porta, chi farà assist o chi dribblerà».
Momento amarcord. Cosa pensa quando le chiedono di Napoli?
«Innanzitutto che questa città sarà per sempre nel mio cuore. Così come la maglia azzurra».

Lei scelse il Napoli neopromosso subito dopo aver vinto il campionato portoghese con lo Sporting…
«Avevo voglia di mettermi in gioco. Anche perché la serie A è sempre stata considerata una competizione di un altro livello rispetto al campionato portoghese dove alla fine erano sempre le stesse due o tre squadre a contendersi il titolo di campione. A distanza di anni ricordo ancora le parole di Rui Costa al quale chiesi informazioni sul Napoli. “Immagina una squadra nella quale tutti i giocatori dovrebbero giocare almeno una stagione nella vita”, mi disse così e di fatto non mi diede scelta. « A questo punto andrò lì”, gli risposi. E ancora lo ringrazio».
Nonostante quelli furono anni difficili per lei che si fece subito male, e per il club che retrocesse in serie B.
«Quando indossi quella maglia e la difendi una volta sarà per sempre la tua seconda pelle. Oggi è semplice giocare con il Napoli perché ci sono tutte le condizioni».
E all’epoca?
«No, era dura. Non sapevamo nemmeno cosa sarebbe successo il mese dopo. Vivevamo tra difficoltà su difficoltà ma eravamo sempre lì un giorno dopo l’altro per difendere quei colori. E per me quello vuol dire servire il Napoli. Non posso negare che in quegli anni ho avuto la possibilità di andare altrove, ma dentro di me sentivo il peso della responsabilità. Stavo difendendo una città e una piazza. “Non posso mai abbandonare in questo momento il Napoli e questa gente”, ripetevo a me stesso e a quelli che mi offrivano altre squadre».
Come mai questo legame così forte?
«Napoli resterà per sempre nel cuore mio e di tutta la mia famiglia. Mi sono sposato in quell’anno e la mia famiglia è cresciuta lì. Più che amici abbiamo fratelli a Napoli. E credo che questo possa bastare a rendere l’idea del legame».
La sua Napoli come era?
«Ho cambiato tante case, ma ricordo in particolare il periodo in cui ho vissuto a Posillipo a Parco Sud Italia. Il mare quasi ci entrava in casa dalle finestre».
A proposito di Napoli, ha giocato con tanti compagni in quegli anni…
«Sono sempre stato amico di tutti. Forse quello che mi è stato più vicino era Montezine. Poi c’è stata Edmundo».
Che tipo era?
«Aveva un bel caratterino. Un giocatore di livello altissimo, che viveva di momenti ma il gruppo era molto sano e qualsiasi cosa accadeva cercavamo di risolverla insieme».
Ritorniamo sulla Champions: sul cammino del Napoli ci sarà anche il Benfica.
«Li aspetto a Lisbona e finalmente potrò fare il tifo per loro liberamente».
Fonte: Il Mattino
