Lele Adani ai microfoni de Il Mattino: “La chiave è De Bruyne, la panchina di Neres e Lang dipenderà da loro”

"Napoli, una città che amo perché libera e ribelle come piace a me"

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«Io ritrovo me stesso ogni volta che ci torno». Parlare di Napoli con Lele Adani è facile. Ne intuisci l’entusiasmo al telefono. Ne tocchi con mano la passione che non è solo per il calcio, ma dal calcio ovviamente parte. Non si vive di solo Maradona, ma di solo Maradona si potrebbe anche vivere. Passato da calciatore apprezzato in mezza Italia, oggi quello di Adani è uno dei volti più noti del calcio italiano lontano dal campo.

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Ne ha per tutti i tipi: per i giovani che passano le ore della loro giornata tra Youtube, TikTok e Twitch con il linguaggio che gli spetta, per i meno giovani che nel weekend non possono fare a meno della Domenica Sportiva. Un po’ la Gazzetta Ufficiale del nostro pallone.

Una giornata già alle spalle: le prime impressioni dopo 90’?

«Abbiamo avuto tutto quello che desideravamo: conferme, indecisioni e una brutta caduta, quella del Milan».

Qualcuno dice che anche il Napoli un anno fa era caduto all’esordio.

«Paragonare le due cose è complicato. E a volte fa comodo: così si può trovare un appiglio per sperare nel futuro».

Le differenze?

«Dopo Verona, un anno fa, Conte si prese tutte le colpe. “Mi sanguina il cuore” disse e me lo ricordo bene. Segnò una frattura per il futuro. Non mi pare che al Milan ci sia stata la stessa presa di posizione stavolta. Più alibi che mea culpa».

Oltre Napoli, Inter e Juve una bella novità?

«Non era facile per la Roma assimilare sin da subito le idee di Gasperini. Non puoi preventivarlo, invece è stato fatto. Ho visto un po’ più di indecisioni altrove: Fiorentina e Atalanta, per esempio».

Il Napoli, però, ha perso Lukaku: quanto cambia?

«La tegola è pesante. Romelu è l’estensione in campo delle idee di Conte, il collettore del gioco del Napoli».

Hojlund è il sostituto giusto?

«Non mi ha sorpreso, chiariamoci, ma devo dire che la prontezza del Napoli di andare a prendere un calciatore come Rasmus mi è piaciuta. Senza dimenticare Lucca, poi».

Napoli oggi convince tanti calciatori: come mai?

«Nel caso di Hojlund, due elementi: la piazza, che è magica, e ovviamente Antonio Conte, uno dei migliori al mondo. E convincente con i suoi calciatori. Si è visto anche un anno fa: pronti via e ha convinto calciatori come Di Lorenzo o Kvaratskhelia a restare nel suo progetto».

Di spogliatoi ne ha visti tanti: accogliere 10 nuovi calciatori quanto è difficile?

«Tanto, ancor di più con Conte. Perché è un allenatore che cura anche il minimo particolare. Servirà tempo a tutti per entrare nel ritmo giusto e anche a Antonio. Il suo lavoro non cambia».

Ma il mercato che Napoli ha prodotto?

«Sicuramente più solido, più lungo nelle rotazioni. Ma il lavoro di Conte dovrà essere lo stesso di un anno fa, se non di più. E stavolta avrà meno tempo».

Appunto, c’è la Champions: in città c’è chi sogna di arrivare in fondo…

«Fare proclami, oggi, non sarebbe giusto. Il Napoli è una squadra forte ma la Champions è un torneo tosto, il più difficile di tutti. Va vissuto come una fantastica avventura notte dopo notte. L’obiettivo? Passare il girone. Poi si vedrà. Senza dimenticare lo scudetto: Conte fa bene a ricordare che va difeso. E in Italia, nell’ultimo quinquennio, non c’è una squadra che abbia saputo farlo. Questo vorrà pur dire qualcosa: ripetersi non è una passeggiata».

Le sono piaciuti i “Fab 4” in campo a Reggio Emilia?

«La chiave sta tutta in De Bruyne: Conte dovrà trovare il modo di concedere a lui la migliore interpretazione del ruolo possibile. Lo scorso anno il Napoli non ha segnato tanto, il belga può essere l’elemento ideale per migliorare anche quell’aspetto».

Ma giocatori come Lang e Neres rischiano troppa panchina?

«Dipenderà da loro. Lo scorso anno Neres ha cambiato 10 partite. Se riesce a farle diventare 30 troverà il suo spazio. Il 4-3-3 resta nel Dna di questa squadra e anche l’anno scorso Conte ha avuto più soluzioni in campo».

Con Hojlund potrebbe concretizzarsi l’ennesimo acquisto dalla Premier.

«Li chiamano esuberi? Nessuno si offenda. Il Manchester United, due anni fa, ha speso quasi 80 milioni per Hojlund. De Bruyne è stato il miglior centrocampista al mondo negli ultimi 10 anni. Il punto, probabilmente, è un altro».

Ci dica…

«Dobbiamo smetterla di pensare al Napoli come a una società di secondo livello e cominciare a capire che oggi il Napoli vale quanto Juventus, Milan e Inter. Non va più messa dietro le tre grandi, perché se cominci a attirare calciatori di questo tipo da tutto il mondo qualcosa vorrà dire: è desiderata, ha allenatori vincenti come Spalletti e Conte, mezzo mondo ha visto la bellezza della festa scudetto».

Anche lei ci torna spesso qui in città.

«E quando lo faccio ritrovo pienamente me stesso. Napoli rivela tutte le cose che sento dentro. Mi piace amarla senza pensarci troppo. È libera e ribelle come piace a me. C’è una connessione mentale, una energia che mi fanno stare bene. E poi nell’anima sento il rapporto calcio-gente. Con Diego come guida di tutti noi, ovviamente».

E ai calciatori questa piazza cosa fa?

«L’amore ti può avvolgere, ma ti può anche stravolgere. E oggi i calciatori non sono più come quelli di anni fa: devono essere più professionali, più concentrati. Il mondo in generale è cambiato, le distrazioni sono tante e purtroppo a volte devono anche isolarsi dal troppo amore».

Un ultimo punto: lei ha una ricetta anche per la Nazionale?

«Prima di fare i conti degli italiani che vanno in campo, la questione è culturale. Dobbiamo cominciare a concedere errori, i calciatori devono poter sbagliare. Devi pensare di poter perdere punti di consenso per il bene del tuo percorso».

 

 

 

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