Ecco chi è Antonio Vergara: da Frattamaggiore all’esordio in Serie A
707 giorni dopo l'infortunio al Mapei, il prodotto del vivaio trova la prima volta con la squadra del cuore
Non è un caso. Esordire in Serie A tra i “grandi”. Con la tua squadra del cuore. Nello stadio in cui 707 giorni prima avevi visto quasi il tuo sogno andare in fumo: è la sera del 16 settembre 2023 quando il ginocchio di Antonio Vergara cede. Serve poco a capire l’esito di quell’incidente: rottura del crociato. Passeranno mesi per poter tornare a giocare. Mesi di lacrime, fatiche, paure. Mesi in cui l’unica forza arriva dai sacrifici che hai fatto per arrivare fin lì. Reggio Emilia è stata casa del ragazzo napoletano per due anni. Rialzarsi dove si cade deve essere il suo mantra. Così, il 18 agosto di un anno fa torna da protagonista e trova il suo primo gol dopo l’infortunio. Dove? Sempre al Mapei. Lo stadio dove sabato sera ha trovato la sua prima volta con la maglia azzurra. Non è un caso.
Che Antonio Vergara, da Frattamaggiore, dovesse arrivare in alto con quei colori era scritto nel destino. Lo avrebbe scommesso Gianluca Grava quando nel 2012 gli aprì per la prima volta le porte del mondo azzurro. Il piccolo Antonio si era formato nella FC Élite Academy dei fratelli Lodi. Fu Salvatore, fratello dell’ex nazionale Francesco, a “scoprirlo” «…su un campo di calcetto. Non si capiva il ruolo, ma rincorreva tutti e le prendeva tutte lui» ci racconta commentando con emozione quella prima volta in campo di sabato. «Aveva i capelli rasati come un militare quando l’ho visto per la prima volta . Grava ci ha visto lungo e ai genitori ha sempre ripetuto che Antonio era bravo e i calciatori bravi vanno aspettati» ha continuato «È un vero esempio, sabato sera il mio telefono ha cominciato a surriscaldarsi quando è andato in campo». La storia di Vergara è proprio così. Perché arrivare nel vivaio napoletano a 9 anni non fu la prima di tante soddisfazioni. Anzi.
Il percorso è stato lungo e pieno d’insidie. Pieno di passaggi a vuoto. Così tanti che Antonio, dopo la rottura del crociato, ha saputo subito come rialzarsi. L’obiettivo era chiaro, la qualità pure. Visibile a occhio nudo. Con il Napoli fa tutta la trafila fino alla Primavera. Ma non è un leader, non è un trascinatore. D’altronde, se tutto fosse chiaro sin dall’inizio, Vincent van Gogh almeno un paio di quadri in vita pure li avrebbe venduti. Invece no. La sua unica soddisfazione fu “La vigna rossa”. Come rosso è il colore della rivincita di Vergara che a Reggio Emilia ha unito i fili del suo destino. Il secondo anno in prestito è un’esplosione continua di verità, una rivelazione per sé stesso e per gli altri. Tanto da non poterci più stare in serie B: per lui, a inizio estate, si erano mossi club di massima serie o qualcuno che alla serie A aveva intenzione di puntarci. Il Napoli ha ascoltato, ha preso tempo, aveva la necessità di sottoporlo a Conte. E poi c’è stato il colpo di fulmine.
«È un onore, un sogno che spero possa essere il più lungo possibile». L’emozione di Vergara dopo la prima volta è l’emozione di chi l’ha visto sempre in questi 13 anni. Il primo abbraccio è andato alla famiglia, a papà Giovanni e mamma Anna che ci sono stati sempre. Che c’erano anche stavolta. Che Reggio Emilia l’hanno conosciuta bene nel biennio in prestito. Poi si è preso le pacche sulle spalle di tutti i compagni. Quelli che ha imparato a conoscere in queste settimane di ritiro utili a conquistare Antonio Conte. «Resta qui con noi» ha spiegato l’allenatore azzurro tagliando corto. Lui è stato un giovane che arrivava dal Lecce alla Juventus, sa bene cosa voglia dire avere qualcuno che punta su di te. E anche cosa possa significare allenarsi con i più forti.
Vergara a Napoli farà il suo percorso universitario del pallone, insieme con McTominay, Neres e Lang. E, se vuole, con De Bruyne può anche prendersi il master. Conte l’ha lanciato nella mischia regalandogli il primo spezzone nel finale, ma non era una scelta frutto del caso. Dopo 13 anni dalla prima volta, Vergara ha potuto prendersi la scena, sul campo in cui 707 giorni prima aveva temuto di dover abbandonare la corsa. Invece si è rialzato e ha cominciato a correre più di prima, come da abitudine. Da Insigne a lui: un altro fiore spuntato a Frattamaggiore, nel quasi deserto di un vivaio azzurro che ha bisogno di continuità. Per Vergara sarà solo l’inizio. Ovviamente a Reggio Emilia, il posto in cui tutto è finito e tutto è cominciato: no, non può essere un caso. Fonte: Il Mattino
