D’Alessio su Maradona: “Ho un suo cimelio che conservo come un tesoro”
Gigi D’Alessio è stato protagonista di una lunga intervista a Il Mattino, durante la quale ha dedicato uno spazio speciale per raccontare il suo rapporto di amicizia con Diego Armando Maradona:
Partiamo dall’inizio: qual è stato il suo primo rapporto con il calcio, chi le ha trasmesso questa passione?
«Il Napoli è una passione che si tramanda da padre in figlio. Mio padre mi portava allo stadio a vedere le partite: si faceva merenda e si andava a tifare. È uno dei ricordi più belli della mia infanzia».
Poi è arrivato Maradona. Che impressione ebbe del suo arrivo?
«Quando lo annunciarono, avevo 17 anni. Fu uno shock: non eravamo abituati a nomi di quella portata. Bastarono poche partite per capire che avevamo il numero uno assoluto».
Tra lei e Diego si è creato un legame speciale, confermato da vari episodi. Uno su tutti riguarda la canzone
«Si turnasse a nascere».
Sì, la scrissi pensando alla mia vita, non a lui. Tutto nacque a Dubai, dove stavamo girando un documentario per una televisione argentina. Rimasi a casa sua quindici giorni e, durante una pausa di quell’intervista a specchio, gli dissi che stavo per pubblicare un nuovo album e gli feci ascoltare la canzone. Rimase colpito e mi disse: “Ma come? Mi hai dedicato una canzone e non me l’hai detto?”. Si sentiva rappresentato e volle addirittura essere il protagonista del videoclip. Era il suo modo per ringraziarmi, ma anche per dire che quelle parole parlavano di lui. Non era nata per Diego, eppure la fece sua. Da lì la nostra amicizia diventò ancora più forte».
Ha anche un ricordo personale legato a una cena con lui…
«Sì, nel 1987, al Rosolino. Eravamo in pochi, il locale era tutto per noi. A un certo punto Diego volle cantare e io mi sedetti al pianoforte ad accompagnarlo. Non ricordo bene se fosse “Perdere l’amore” o “’O surdato ’nnammurato”. L’ho accompagnato tante volte che faccio fatica a fissare un brano preciso. Quella sera conobbi un Maradona diverso: intimo, felice di cantare tra amici».
C’è anche l’episodio delle scarpe che oggi conserva come un cimelio prezioso.
«Successe sempre a Dubai. Avevamo lo stesso numero di piede. Mi chiese: “Perché non me le regali?”. Io risposi: “Diego, sono le mie uniche scarpe!”. Lui sorrise e disse: “Ti do le mie”. Così ce le scambiammo. Le sue scarpe oggi sono a casa mia, le tengo come un tesoro».
