Il nuovo libro del giornalista e scrittore Nico Pirozzi dedicato a Giorgio Ascarelli esce alla vigilia del campionato e a tre mesi dal quarto scudetto. «Se Napoli continua a coltivare un sogno lungo cent’anni è anche, e soprattutto, merito di un visionario, geniale e generoso, che si chiamava Giorgio», scrive Pirozzi nelle ultime pagine di “Giorgio Ascarelli, il visionario che inventò (il) Napoli” (Edizioni dell’Ippogrifo, pagg. 157, euro 15). Il libro è un omaggio al fondatore dell’Associazione Calcio Napoli, agosto del 1926, il presidente che – sottolinea l’autore – non ha ricevuto alcun attestato «da una città, a dir poco, distratta e immemore, sicuramente irriconoscente nei confronti di un uomo che ha dimostrato, più con i fatti che con le parole, come sia possibile creare un modello di società più efficiente e, al tempo stesso, attenta ai bisogni di chi ci vive».
Ebreo e «sovversivo», secondo il rapporto della polizia fascista, Giorgio era il brillante rampollo di una grande famiglia di imprenditori. Con la moglie Bice Diena condivideva una grande passione per lo sport, prima il canottaggio e poi il calcio, un mondo in cui entrò cento anni fa, estate del 1925, assumendo la presidenza dell’Internaples.
Pochi mesi dopo, al termine dell’assemblea a Palazzo Mastelloni in piazza Carità, la fondazione dell’Associazione Calcio Napoli, da cui sarebbe poi nata la Società Sportiva Calcio Napoli. Ascarelli debuttò con i colpi Carcano e Ferrari e impose una linea manageriale innovativa per il calcio meridionale. Pirozzi ripropone la testimonianza di Giuseppe Pacileo, grande firma del Mattino, che illustrò gli obiettivi raggiunti dal presidente e le ragioni per cui l’Ac Napoli sarebbe stata debitrice nei suoi confronti: «Il rilancio regionale durante la gestione dell’Internaples ultima versione. La fondazione della prima Ac Napoli.
Il lancio sulla ribalta nazionale della prima squadra, recante il nome della sua città, con un quinto posto, dopo anni di mortificazioni (quinto posto che grazie anche alla sua opera diventò terzo e poi quarto dopo la sua morte). I primi due veri e moderni allenatori, Carcano e Garbutt. Il ricorso, indispensabile, a calciatori professionisti di fatto da affiancare alle pochissime autentiche forze indigene (o quasi). La concezione stessa del club calcistico in forma e organizzazione d’azienda, con tanto di bilancio e con tanto di stadio proprio (il primo e l’ultimo che il Napoli abbia posseduto)».
La stagione 1925-1926 si era conclusa con la retrocessione. Ascarelli si fece per un po’ da parte, poi tornò in grande stile, nel 1929, assumendo William Garbutt, tecnico che aveva vinto tre scudetti, e attuando il progetto per lo stadio Vesuvio, costruito nel Rione Luzzatti, non distante dall’area che De Laurentiis ha individuato per la sua casa. Posa della prima pietra della signora Bice nell’estate 1929, lavori costati un milione di lire. Ascarelli non riuscì a godersi la squadra e lo stadio perché morì a 35 anni, stroncato dalla peritonite. Ai suoi funerali parteciparono migliaia e migliaia di napoletani per ringraziare l’uomo che aveva portato qui il grande calcio. Il sensibile Giorgio lasciò tutti i suoi beni all’amata Bice raccomandandosi «di elargire molto in beneficenza».
Fonte: Il Mattino
