Lukaku e i rischi della terapia conservativa

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La sua estate perfetta, il ritiro completo (tra Dimaro-Folgarida e Castel di Sangro), una linea invidiabile per un centravanti che deve portare appresso quel fisico bestiale: il confine tra la felicità e la disperazione, anche in campo, è rinchiusa in un frammento di amichevole, in un pallone recuperato generosamente per ripartire, nel dolore che mentre “carica” il sinistro compare e nelle smorfie e la mimica che la spiega tutto. Da giovedì 14 agosto, più o meno alle diciotto e trenta, Lukaku si è concesso a qualsiasi tipo di considerazione, perché quell’ottimismo del venerdì sera è durato lo spazio di un tramonto ed all’alba era già un altro, pessimo, insopportabile giorno: adesso, dal momento in cui avrà scelto come procedere, gliene serviranno forse altri cento prima di tornare a sentirsi centro di gravità permanente del Napoli. Il sospetto, forse il timore o magari la paura di sottoporsi ad un’operazione si scontra con la preoccupazione che la terapia conservativa non incida come vorrebbe e che dunque si possano “bruciare” settimane inutilmente, dovendo poi fare dietrofront e comunque concedersi ai chirurghi, non il desiderio più gradevole, anzi quello attualmente scartato (quasi) senza se e pure senza ma. Però prendersi ancora qualche ora ha un senso…

Fonte: La Gazzetta

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