Napoli, De Bruyne facilita e ispira il cambiamento

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Si potrebbe scomodare Darwin, e basterebbe starsene ai bordi della memoria per osservare cosa sia stato e dove sia arrivato Kevin De Bruyne, e anche per rendersi conto d’essere al cospetto d’una evoluzione plastica della specie, degna di essere gustata passo dopo passo. E però, senza neppure sfiorare Guardiola, il Vate, in quei nove anni nel tiki taka e nel suo mutamento, c’è un centrocampista universale.

Quindi, come scrive La Gazzetta dello Sport, tante cose assieme, che galleggiando nel proprio talento se ne è stato a destra o a sinistra, in mezzo o tra le linee e comunque sempre ai confini dell’inimmaginabile.
De Bruyne facilita il cambiamento, lo ispira. Ha indotto a lasciarsi andare in un ritiro divenuto per Antonio Conte un laboratorio di idee nel quale inventarsi la magia di un calcio che conquisti: il tridente, che è stato un mantra necessariamente già “sacrificato” nel finale della stagione del quarto scudetto, resta lì, però attraverso rivisitazioni che sono agevolate dal portamento di un calciatore sublime.
Ci sono vari Napoli da plasmare e c’è (ovviamente) un De Bruyne per qualsiasi declinazione. Avendo come struttura dominante la difesa a quattro e procedendo poi nella mutazione genetica che in realtà comporta piccoli accorgimenti.
De Bruyne sta nel 4-1-4-1: una mezzala con la vocazione di assaltare. Oppure se ne sta, quando capita, nel 4-3-3: mezzo destro più che mezzo sinistro. O magari si adagia nel 4-2-3-1, perché anche Anguissa è un privilegio al quale è difficile sottrarsi, e dunque si lascia andare alle spalle di Lukaku, lo sente, lo avverte, lo invoca come appoggio per liberare il tiro, per aggredire il campo.
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