Scott McTominay a Il Mattino: «Per vincere amma fatica’…always»
«Dobbiamo dimenticare quello che abbiamo fatto e costruire qualcosa di ancora più importante»
C’è un aggettivo che gli anziani di Lancaster utilizzavano per richiamare il giovane Scott e i suoi amici per un pallone tirato troppo in là. Ed è un aggettivo azzeccato, uno di quelli che il ragazzo scozzese ha saputo portarsi anche al di là dei confini della regina. «He’s pure gallus, that yin» gli urlavano, mentre la chioma bionda scompariva dietro il primo angolo di strada.«È proprio uno sfacciato quello lì», diremmo noi. Ecco, il primo anno di Napoli per Scott McTominay è stato puramente “gallus”: sfacciato, audace, persino malizioso. In campo diversamente che nella vita.
La prima domanda viene via subito facile: come sta? «Ora veramente bene», sorride e si illumina. È appena tornato dalla sgambata con la Casertana, il suo ritorno in campo in questa estate. Pochi minuti, ma importanti per chi non vedeva l’ora. Scott è stato l’uomo decisivo per lo scudetto vinto dalla squadra di Conte, ma è difficile convincerlo di non essere uno qualunque.
Un anno di Napoli. Una parola per descriverlo.
«Amazing. Incredibile».
A ripensarci oggi, cosa è successo un anno fa al suo arrivo in aeroporto?.
«Ho vissuto tante emozioni in una. Città diversa, amici diversa, lingua diversa. Ma sapevo di dovermi adattare e ho fatto quello che ho sempre fatto in carriera: lavorare duro per migliorare e per dimostrare all’allenatore di poter giocare».
La nuova stagione è dietro l’angolo: quali sono le sensazioni del gruppo oggi?
«Sappiamo che sarà una stagione lunga, più partite, più impegni. Dobbiamo dimenticare tutto quello che è successo, mantenere la stessa etica del lavoro dimostrata e continuare a costruire qualcosa di importante».
Non aveva mai vissuto una preparazione estiva con Conte: com’è?
«Non so come fosse un anno fa, quello di oggi è lo stesso conosciuto durante la stagione. Abbiamo un bel gruppo, con calciatori di qualità e di esperienza. Stiamo lavorando per poter essere pronti».
Arezzo, Catanzaro, Brest: ma i tifosi devono preoccuparsi di qualche prestazione sottotono?
«Per noi la pre-season che stiamo vivendo è davvero importante. Diamo il massimo ogni giorno per creare nuove connessioni che ci serviranno durante la stagione che giocheremo. Non è sempre facile andare in campo in queste amichevoli che si giocano in preparazione. Ma quando cominceremo la stagione, ovviamente, non ci saranno scuse. Proprio per questo stiamo costruendo qualcosa di solido fisicamente e mentalmente che poi possa aiutarci».
Qual è stata la prima cosa che vi ha detto quando vi siete rivisti dopo l’estate?
«Sarò onesto, non è tanto quello ci dice, quanto quello che fa».
Ci dica.
«È stato subito chiaro con noi. La vittoria dello scudetto non ha cambiato nulla, bisogna ritrovare e mantenere la stessa attitudine e quella mentalità trovata lo scorso anno. Solo perché abbiamo vinto il campionato, non dobbiamo fermarci, rilassarci, cullarci su quello che è stato fatto. Ad ogni partita, ogni appuntamento, il livello sarà alto. E noi dovremo esserne all’altezza».
Cosa porta con sé del lavoro con Conte dopo il primo anno in azzurro?
«Lavorare con lui per me è stata un’occasione importante. Ho imparato tanto da Conte anche in termini di conoscenza calcistiche dentro e fuori dal campo. È stata un’esperienza importante e poi è una gran persona».
Questo Napoli può vincere ancora?
«Vincere è possibile sempre, a inizio stagione è un sogno di tutti. Ma sappiamo anche quanto sia difficile. Quante partite avremo, quanti ostacoli potremo incontrare. L’unica ricetta sarà pensare una partita alla volta, una alla volta. Ma state certi che ogni calciatore che entra dalla nostra porta lo fa per vincere».
Un anno fa, Conte coniò il claim “Amma fatica’”. Quest’anno ha replicato con “amma fatica’…again”. Lei ha un suo claim per la stagione?
«Prendo in prestito quello del mister e lo faccio mio: “Amma fatica’…always”».
Vi sentite la squadra più forte della Serie A dopo lo scudetto?
«Assolutamente no. Nel nostro mondo le cose cambiano così repentinamente da dover conservare la consapevolezza di non essere mai i migliori. Ci sono così tante squadre forti e attrezzate in Serie A. E poi non basta essere la miglior squadra o avere il miglior calciatore per poter vincere».
Cosa serve?
«Si vince sempre di gruppo, lavorando duro e restando umili».
L’incontro con il calcio italiano è stato come se lo aspettava?
«Emozionante, duro. In Italia ci sono tanti calciatori di qualità, in ogni squadra del campionato ci sono individualità importanti».
Ci sarà la Champions, che lei conosce molto bene.
«Stavolta con ancora più partite dell’ultima volta. Devi vincere il maggior numero di partite possibili. Ma la Champions è diversa, diversi avversari e diversi anche i sentimenti che provi andando in campo».
Quanto pesa il doppio impegno?
«Non avremo più una sola gara a settimana. L’allenatore potrà alternarci in campo. Ci vorrà molta concentrazione nella preparazione delle gare».
Quale sarà il primo obiettivo di questo Napoli in Europa?
«Il primo obiettivo sarà non farsi distrarre. Pensare sempre alla prossima gara, una alla volta. So che all’inizio della stagione tutti pensano “Dobbiamo vincere, dobbiamo farlo di nuovo, dobbiamo fare questo o quello”, ma in realtà noi dobbiamo concentrarci solo sulla nostra mentalità. Quella che abbiamo costruito nel primo anno insieme. Ci sono 90 minuti da giocare per ogni partita, si può vincere, ma si può anche perdere o pareggiare. Proprio per questo non bisogna pensare a altro. Oggi dobbiamo pensare solo agli allenamenti, al ritiro, al campo. Dobbiamo finire questa preparazione al meglio e poi dimostrare quello che sappiamo fare quando ne avremo l’occasione in campo».
Nella sua carriera inglese ha sempre dovuto dimostrare tanto. A Napoli ha convinto tutti al primo colpo.
«Ma il mio approccio non è cambiato, ogni anno devi provare qualcosa. Il calcio è un gioco e un mondo veloce. Per me ogni anno è una opportunità buona per ricostruire tutto, ricominciare da capo. Non bisogna mai fermarsi. Il calcio cambia e i calciatori devono adattarsi, andare sempre nella direzione giusta».
Ma da Manchester qualcuno l’ha chiamata dopo lo scudetto?
«Tanti mi hanno chiamato, ma anche semplicemente per congratularsi di quanto fatto. Per me è stato bello, ho apprezzato le manifestazioni d’affetto, non solo alla fine della stagione e dopo la vittoria ma anche durante il campionato. Per augurarmi buona fortuna, ho ricevuto tanto affetto».
Cos’è il calcio per lei oggi?
«È memoria e emozioni. Emozioni che viviamo tutti insieme. Anche nell’ultima stagione a Napoli è stato così: abbiamo vissuto tanti momenti esaltanti, ne abbiamo avuti altri che sono stati meno positivi. Ma è normale quando si vive una stagione da così tante partite».
Il regalo dello scudetto si chiama De Bruyne: l’ha sorpresa il suo arrivo?
«Assolutamente no. Perché ero consapevole di quanto fosse forte il Napoli, di quali ambizioni avesse la società».
Ci racconta, da calciatore, che calciatore è il belga?
«Un elemento con qualità incredibili. Ma Kevin è soprattutto una brava persona, averlo con noi sarà insieme un’iniezione di talento e esperienza. Non vediamo l’ora di giocare insieme».
La prima cosa che vi siete detti quando vi siete incontrati a Napoli?
«Ci conosciamo molto bene (ride), abbiamo giocato così tante volte contro in Premier League. Abbiamo vissuto partite indimenticabili e anche momenti duri vista la rivalità».
Da rivali a Manchester a compagni di squadra: sarete come Noel e Liam Gallagher per Oasis?
«Sarà molto diverso, in realtà. Perché i Gallagher arrivano almeno dalla stessa parte di Manchester (ride)».
Com’è stato rivedersi dopo lo scudetto?
«È stato bello ritrovarci, anche con Romelu (Lukaku) o Frank (Anguissa), Matteo (Politano) o il capitano di Lorenzo. Ho ritrovato Billy (Gilmour) e conosciuto Sam (Beukema). Grandi calciatori, uomini di esperienza. In termini di squadra abbiamo sicuramente una squadra forte e preparata a quello che sarà quest’anno».
A Wimbledon è diventato virale per il completo indossato.
«Questo lo so».
Anche in questo è cambiato da quando è a Napoli?
«A pensarci, in realtà, non è cambiata poi così tanto la mia vita rispetto al passato. Faccio quello che fa un calciatore professionista: il mio unico pensiero è il calcio, sono concentrato su quello e sulla mia vita. Mi basta giocare bene e essere felice anche fuori dal campo».
Ma lei sa di essere diventato un idolo per i napoletani?
«Non ho mai pensato di poterlo diventare, nella mia vita. Nonostante tutto, nella mia percezione delle cose resto un ragazzo normale, una persona cresciuta in una famiglia fantastica composta da persone che hanno sempre lavorato nelle proprie vite. Questo è stato importante per me. Ma ho capito in questo anno insieme quanto i napoletani siano viscerali nel loro amore. Rispetto il modo che hanno loro di relazionarsi a noi e alla squadra. Per me è importante fare il massimo ogni volta per la gente di questa città: ci hanno dimostrato un supporto incredibile lungo tutta la scorsa stagione e devono continuare così anche nella prossima».
Insieme a quella di De Bruyne, la sua maglia è quella più acquistata dai tifosi e non solo qui in ritiro. Sugli spalti è pieno di maglie con il numero 8 e il suo nome.
«Lo so e solo a pensarci è folle. Ma sono davvero grato per tutte queste dimostrazioni di amore».
Nel suo primo anno a Napoli si è fatto conoscere anche per un duo iconico con Pasquale Mazzocchi.
«Il mio italiano è ancora scarso».
E l’inglese di Pasquale come va?
«Da zero in pagella (ride)».
Ci racconta come è nata la vostra amicizia?
«Pasquale è una persona super, un ragazzo fantastico. Lavora così duramente ogni singolo giorno, è umile, è quello che si dovrebbe essere sempre quando si entra su un campo da calcio. E poi è un gentleman anche fuori dal calcio. Proprio per questo per me è un piacere stare con lui».
Napoli è stata un colpo di fulmine non solo per lei ma per tutta la famiglia McTominay.
«Tutta la mia famiglia ha vissuto la città al meglio, approfittando appena c’è stata l’occasione per conoscere tutto quello che c’era da conoscere. E quando le condizioni lo hanno permesso abbiamo fatto esperienza anche della gente, dei tifosi in città».
Hanno preso parte anche alla festa scudetto: sia in campo, subito dopo la gara con il Cagliari, che nei giorni successivi.
«Hanno amato vedere la città in festa, abbiamo condiviso momenti che resteranno con noi per sempre. Sono quei momenti che un calciatore immagina all’inizio di una stagione».
È stato negli Stati Uniti quest’estate?
«Sì, sono stato negli States».
Ma ha condiviso sui social meno di quello che fa durante la stagione di partita in partita: ha spento il telefono per ricaricare le sue batterie?
«In realtà sì, ma in generale non sono un ragazzo che vive h24 con i social accesi sullo smartphone».
Una scelta o una necessità?
«Cerco di dare alla mia vita quel lato di privacy che un calciatore potrebbe non avere. Preferisco condivide con i fan che mi seguono il lavoro in campo. E lo faccio anche per poter tornare poi al 100%. Per me è davvero importante continuare la mia vita con serenità fuori dal campo, conservare l’umiltà sempre anche per poter migliorare me stesso».
Quello del “migliorarsi” è un concetto che si ripete nelle sue parole.
«Nel calcio ma anche nella vita è la mia priorità. Bisogna avere sempre il fuoco dentro, approcciare sempre al massimo ogni giorno anche per uscire fuori dal tuo stesso tracciato. La comfort zone è la cosa peggiore che un calciatore possa crearsi. Il posto peggiore, non cambierà nulla se resterai sempre nello stesso posto. Ci credo molto. Ho capito nella mia carriera che bisogna uscirne ogni volta che se ne ha la possibilità, spingere forte, allenarsi duramente e fare tutte le cose giuste per poter accrescere il proprio livello».
Fonte: Il Mattino
