Ricardo Prostamo racconta Maradona: «Legati da bambini, mi trovò squadra a Pozzuoli, dove incontrai l’amore»
«Che amico: mi regalò la felicità»

«Sono più napoletano che argentino, ho trascorso oltre metà della mia vita qui grazie a Diego». Ricardo Prostamo oggi ha 68 anni e vive con i suoi figli in una casa con veduta sul golfo di Pozzuoli e sul lago Lucrino. La sua intervista a Il Mattino. Lui che è nato a Buenos Aires e che da bambino ha avuto una sola passione: il calcio. Inizia a giocare e arriva all’Argentinos Juniors dove ha tanti amici, uno di questi è Diego Armando Maradona. «Debuttai nel 1975, avevo 18 anni e Diego in quella gara faceva il raccattapalle – ricorda Prostamo -. Ci conoscevamo da quando lui ne aveva 9 e io 12, eravamo una cosa sola in campo e fuori. È sempre stato un ragazzo con un cuore grande. In quegli anni nelle giovanili segnava 7-8 reti a partita. Gli allenatori delle squadre di età superiore se lo contendevano, vinceva le partite da solo. Giocavamo il sabato nella nostra divisione e la domenica nelle altre. La stanchezza? Non sapevamo cosa fosse. Poi l’ho seguito a Barcellona. Andai in Spagna a fare una tournée, non riuscii a trovare squadra e allora lo contattai. Mi ospitò per tanto tempo».
Il legame tra Diego e Ricardo era molto forte. «Nell’82 mi mandò in Italia, avevo parenti a Briatico – racconta – Mi allenai con il Catanzaro, poi feci un provino con la Rondinella di Firenze. Passavano i giorni e nessuno mi diceva nulla, così me ne tornai a Barcellona. Qualche giorno dopo Bertoni e Passarella chiamarono Diego per farmi ritornare a Firenze ma io ero già andato a giocare in Argentina».
L’Italia però era nel suo destino. «Nell’86, dopo che Maradona vinse il Mondiale in Messico, festeggiai a casa sua a Buenos Aires. Per una settimana con don Diego, donna Tota e la sua famiglia… Poi mi disse: vieni a Napoli con me. Arrivai da solo, mi ospitò nell’abitazione di via Scipione Capece, lui era in ritiro. In quei giorni la mattina presto mi andavo ad allenare sulla spiaggia di Miseno, c’era Fernando Signorini che mi seguiva. Diego mi fece aggregare alla Primavera del Napoli per farmi tenere in forma. Poi chiese alla società di trovarmi una sistemazione e così Luciano Moggi parlò con i dirigenti del Campania Puteolana che militava in serie C1. Il primo anno retrocedemmo, poi con il tecnico Canè venimmo promossi».
Nel 1987 conosce la moglie e la sua vita cambia. «Diego mi fece affittare una casa sulla spiaggia di Lucrino – ricorda Prostamo -. Quante giornate passate insieme a lui a passeggiare sull’arenile o a mangiare a La Ninfea. Una volta palleggiò addirittura con un limone, non so per quanto tempo, davanti agli occhi increduli di camerieri, cuochi e clienti».
Ogni giorno Maradona lo riempiva di attenzioni. «Era una persona semplice – spiega Prostamo -. Mi regalava capi di abbigliamento e scarpe, faceva arrivare tutto anche a casa. A Lucrino è cambiata la mia vita grazie a lui. Conobbi mia moglie Anna, deceduta purtroppo l’anno scorso, e dopo un anno ci sposammo nella chiesetta di San Filippo Neri. Diego e Claudia mi fecero da testimoni di nozze. Si fermò tutto quel giorno, chiusero la strada. Quanti regali mi fecero lui e Claudia, che sento ancora oggi: i biglietti aerei per tornare in Argentina, il viaggio di nozze, davvero di tutto. Diego aveva fiducia in me: sono stato l’unico che ha dormito a casa sua con la famiglia sia a Barcellona che a Napoli. Gli altri amici di quegli anni avevano il loro appartamento».
Infine, arriva il nuovo lavoro ma anche il rimpianto per non aver dato l’ultimo saluto all’amico fraterno. «Dopo l’esperienza alla Juve Stabia smisi di giocare – conclude Prostamo -. Diego mi trovò un lavoro come guardia giurata in meno di una settimana. Ora sono in pensione da due anni. Quando lui tornò a giocare nel Boca mi invitò in Argentina, tutto a spese sue. Ci vedemmo anche al teatro San Carlo nello spettacolo di Siani. Il rammarico? Io e il compianto fratello Hugo, che viveva a Bacoli, siamo stati malissimo per mesi dopo la morte di Diego, soprattutto perché non ci fu possibile andare in Argentina ad abbracciarlo per l’ultima volta a causa delle restrizioni per il lockdown. Quel giorno di cinque anni fa ho perso tutto: un fratello, un amico, un confidente. Ma lui è vivo ancora, io non lo considero morto. Non c’è un giorno in cui non si parla di Maradona in televisione, sui quotidiani, sui social: Diego è immortale».
