Il portiere dai piedi buoni, la prima punta poco fisica, il trequartista muscolare. L’evoluzione del calcio ci ha abituato allo stravolgimento dei connotati classici. La marcatura a uomo non esiste più, i ruoli si snaturano, diventano “finti” o “falsi”. Il singolo talvolta è calato così tanto in un contesto collettivo, da non emergerne più. Eppure, ci sono calciatori che con per l’altezza sono sempre sbucati, facendo capolino con le loro teste, ad altitudini sconosciute al giocatore comune. L’acquisto di Lorenzo Lucca da parte del Napoli sembra ridare un po’ di vanto a una categoria ormai dimenticata, come quella dei centravanti da due metri d’altezza. E non c’è solo l’attaccante della Nazionale, tra le storie ad alta quota da raccontare.
Il dinosauro in attacco e… tra i pali

Con i suoi 202 cm per 108 kg, Jan Koller sembra uscito da un’altra era calcistica. Fino ai 20 anni, la sua carriera appare destinata a tutt’altro: portiere di hockey su ghiaccio e di calcio, solo a 18 anni fu spostato in attacco, scoprendo una propensione al gol che lo avrebbe reso immortale in patria. Koller, infatti, è il miglior marcatore nella storia della Repubblica Ceca, con 55 gol in 91 partite. La sua fisicità imponente non gli ha impedito di guadagnarsi anche un momento iconico tra i pali: nel 2002-03, durante Borussia Dortmund-Bayern Monaco, segnò all’8′, poi si mise in porta al 67′ per l’espulsione di Lehmann. In nove contro undici, non subì gol. Kicker lo premiò come miglior portiere della settimana. Soprannominato “Dino”, un appellativo affibbiatogli da ragazzo per la statura preistorica, ha raccontato come il nomignolo lo seguisse ovunque ci fosse un connazionale nello spogliatoio. Così tanto da partecipare, con un sorriso, al battesimo di una giraffa allo zoo di Olomouc, chiamata in suo onore: Dino.
Il robot gentile

Alto 201 cm per 75 kg, Peter Crouch è stato per anni un’anomalia elegante nel panorama del calcio inglese. Tifoso del QPR da bambino, raccattapalle per il Chelsea, ha vissuto un’infanzia itinerante tra Singapore e l’Inghilterra al seguito del padre Bruce. Dopo tante esperienze senza gloria, fu Rafa Benitez a volerlo al Liverpool, per raccogliere l’eredità di Milan Baros. Lì nacque il mito: quattro mesi senza segnare, cori ironici dei tifosi (“È grosso, è rosso, i suoi piedi sbucano dal letto”), poi la tripletta perfetta all’Arsenal nel 2007 e il gol a San Siro contro il Milan nel 2011. Recordman di gol di testa in Premier (51), è anche il più alto ad aver indossato la maglia dell’Inghilterra. Crouch è anche scrittore: tre libri tra il 2017 e il 2019, certificato di istruzione in turismo e tempo libero. Ma soprattutto un’esultanza diventata icona: il suo balletto da robot, da cui i soprannomi RoboCrouch e Mr Roboto.
Dalla guerra alla Premier League

Originario di Backa Topola, in un’ex Jugoslavia martoriata dai bombardamenti Nato, Nikola Zigic ha vissuto l’infanzia senza elettricità e acqua corrente. Nato in una famiglia sportiva (madre cestista, padre e fratello calciatori), ha studiato ingegneria meccanica e ha iniziato come difensore centrale, ruolo in cui giocava anche durante il servizio militare. Cresce a dismisura intorno ai 16 anni e avrebbe potuto fare basket, ma scelse di restare fedele al calcio. Alto 202 cm, Guardiola lo definì “quasi inarrestabile”. Zigic ha portato con sé la resilienza delle sue origini, diventando simbolo di un calcio tecnico e fisico insieme. In Premier League, con il Birmingham, vinse la Coppa di Lega nel 2011, ma la sua vera forza fu mentale: quella di chi è sopravvissuto ai blackout della guerra prima ancora che agli stadi pieni.
Il grande albero africano

“The Big Tree”. Così veniva soprannominato Lacina Traoré, ivoriano di 201 cm cresciuto in una famiglia da 17 figli. Musulmano, con due fratelli calciatori (uno portato da lui stesso al Cluj), Traoré ha avuto un percorso che l’ha portato a incarnare l’archetipo dell’attaccante africano moderno: forza, tecnica e determinazione. Spesso paragonato a Doumbia, specialmente durante l’esperienza in Russia, ha impressionato per la sua capacità di coniugare mole e mobilità. Una carriera nomade tra Romania, Russia, Francia e Spagna, con picchi di rendimento e periodi oscuri, ma sempre fedele a una figura unica e fuori scala: un centravanti che sembrava piantato al centro dell’area.
Un gigante per Conte

Classe 2000, 201 cm per 80 kg, Lorenzo Lucca è la nuova generazione dei “giganti”. Figlio di Federico, ex difensore, ha cominciato nei dilettanti piemontesi prima di scalare le categorie. Primo italiano nella storia dell’Ajax, ha dichiarato di ispirarsi a Ibrahimovic, Trezeguet e Dzeko: centravanti tecnici e alti, modelli perfetti da emulare per l’impatto che hanno avuto nel campionato italiano. A Udine si è distinto anche per un episodio particolare, quando si è rifiutato di cedere un rigore a Thauvin, tirando e segnando. Caparbietà e senso di responsabilità che si aggiungono a doti fisiche e tecniche. Paragonato a Toni, ma con ambizioni internazionali e una mentalità moderna: Lucca adesso vuole prendersi il Napoli.
A cura di Salvatore Malfitano (Gazzetta)
