Venticinque anni fa la semifinale mondiale al San Paolo: vinse l’Argentina e scoppiarono le polemiche

Quando Maradona sfidò l'Italia nella sua Napoli

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Venticinque anni fa, l’Italia viveva le notti magiche dei Mondiali di Totò Schillaci. Ma furono anche i giorni della definitiva frattura tra l’Italia lontana da Napoli e Diego Armando Maradona. Era l’effetto dell’astio verso Napoli 2 volte campione d’Italia in 3 anni con El Diez protagonista, in quei Mondiali capitano dell’Argentina campione del mondo in carica. Maledetto fu l’incastro tra stadi e partite, che in semifinale mise di fronte proprio al San Paolo l’Italia alla squadra di Maradona.

 

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Il cuore napoletano costretto a considerare avversario il suo idolo. Ma era la legge dello sport. A Napoli, la Nazionale italiana si giocava tutto e Diego arrivava dopo essere stato bersagliato dai fischi in tutte le partite di quel Mondiale: a Milano, Firenze e Torino non si erano risparmiati contro chi aveva fatto capire che si poteva vincere anche al sud.

 

La vigilia

 

L’atteggiamento del San Paolo nella partita del 3 luglio ‘90 era sotto esame già alla vigilia, i giornali del nord ci sguazzavano insinuando tifo anti-italiano tra i napoletani, in uno stadio tutto esaurito per la semifinale Italia-Argentina.

Due giorni prima, nel ritiro romano di Trigoria, Diego incontrò i giornalisti, c’erano anche quelli napoletani con cui aveva consuetudine. Provocatore, scugnizzo, comunicatore senza peli sulla lingua, disse la sua: «Il Napoli ha vinto lo scudetto e questo ha reso antipatici Napoli e Maradona, a pagarne le conseguenze è la mia Nazionale». Un’equazione non tanto azzardata che, se interpretava i fischi della tifoseria italiana non napoletana, suonava anche come una provocazione. Napoli vincente era diventata antipatica, non più pulcinellesca ma concreta. Pungente, il commento di Ciccio Marolda che per il Mattino raccolse le dichiarazioni di Maradona: «Da gran figlio di buona donna, Diego va a pizzicare corde diverse da quelle dell’affetto e della simpatia, per avere Napoli e i napoletani dalla sua parte».

 

Ciccio si riferiva a questa parte dell’accorato discorso maradoniano nell’infuocata vigilia: «So che i napoletani tifano Italia, strana storia questa: per un anno intero tutta l’Italia si scorda di Napoli, le tira schiaffi, poi per un giorno le chiede di essere italiana. Cosa vuol dire: che non siamo più terremotati o terroni?». Nervo scoperto, che andava diritto sui pregiudizi anti-napoletani, sulle divisioni nord-sud riflesse nelle tifoserie. I giornali non napoletani si divertirono a ricamarci e Mimmo Carratelli, allora responsabile del settore Sport del Mattino, avvisò: «Questa storia che Napoli sarebbe fredda nei confronti della Nazionale è una stupidaggine, ancora più grande di come Maradona, il più grande calciatore del mondo, negli stadi del nord Italia sia individuato come napoletano e fischiato».

 

La partita

 

Eccoci a quel martedì 3 luglio. San Paolo pienissimo, partita finita 1 a 1. Si va ai rigori, sbagliano Donadoni e Serena, non Maradona nel tiro decisivo: l’Argentina va in finale a Roma contro la Germania. L’Italia finirà terza. E i napoletani? Incoraggiano gli azzurri, ma nessuno fischia Maradona. Sarebbe stato chiedere troppo al cuore napoletano. Vicini sbaglia formazione, in campo 2 rigori falliti, eppure De AgostiniFerri Bergomi si aggrappano alla freddezza del tifo per l’Italia al San Paolo. La pensano diversamente VialliAncelottiSerena e Baresi e, tre giorni dopo, ancora Carratelli definisce «una nuova buffonata accusare il poco calore di Napoli, per coprire gli errori».

E, se mancarono i fischi a Diego come altrove, il San Paolo incoraggiò l’Italia. Il peggio si vide nella finale di 5 giorni dopo a Roma, con un arbitraggio indegno e fischi a ripetizione contro l’Argentina, il suo inno nazionale, Maradona. Vinse la Germania, alla premiazione Diego era in lacrime mentre il presidente Cossiga gli metteva al collo la medaglia del secondo posto. Strascichi di odio, legato solo al tifo da Nazionale, o c’era altro? Due giorni dopo, in un commento in prima pagina, Pasquale Nonno direttore del Mattino parlò di «Italia piccola e provinciale, che odia Maradona, reo di essere un grande campione e di rappresentare un mondo di poveri che sa tenere la testa alta, e il Napoli di due scudetti che fa maramao a Milano». Brutte scene e epiloghi della sera napoletana. Scrisse Giorgio Tosatti: «Maradona è stato trattato come un delinquente. L’inciviltà del pubblico è di gran lunga peggiore della partita, la faziosità becera di chi crede, fischiando gli argentini, di vendicare la patria è ributtante».

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