Bucchioni su De Bruyne: “Dopo Cristiano Ronaldo, è il giocatore più forte arrivato in Italia negli ultimi vent’anni”

Ecco le sue parole

0
A “1 Football Club”, programma radiofonico condotto da Luca Cerchione in onda su 1 Station Radio, è intervenuto Enzo Bucchioni, giornalista e scrittore. Di seguito, un estratto dell’intervista.

Factory della Comunicazione

Direttore, visto che lei ha anche dedicato un libro a Luciano Spalletti, si aspettava questo triste epilogo? E soprattutto, come giudica il fatto che ancora oggi non sia stato individuato un commissario tecnico, o, se è stato individuato – si parla di Gattuso – perché non è stato annunciato immediatamente dopo quanto accaduto?
“No, questo è un epilogo triste, per certi versi anche ridicolo e inaccettabile per una federazione come quella italiana. Il nostro movimento calcistico è e resta uno dei più grandi al mondo, ed è stato ridotto in queste condizioni: condizione di idee pari a zero, dal punto di vista operativo e concreto. Non è soltanto la Nazionale a essere in crisi, è tutto il movimento calcistico. Gravina è il responsabile, essendo presidente della FIGC da ormai sette anni. È una situazione che porta inevitabilmente a un crollo finale. E poi che succede? Paga sempre l’allenatore. Ma io non me lo sarei aspettato. Le difficoltà si erano già viste, certo, ma qui perdiamo di vista il calcio e parliamo solo di politica sportiva. L’addio di Mancini era già stato un forte campanello d’allarme, come accaduto ad altri allenatori simili in passato: vado indietro fino a Sacchi, penso sia il capostipite. Mi ricordo le discussioni ai Mondiali del ’94 e poi agli Europei del ’96, finiti male. Parliamo di uomini di campo, che fanno fatica ad adattarsi a un lavoro come quello del commissario tecnico, dove hai due o tre giorni per lavorare con i giocatori. Spalletti non è un personaggio empatico nell’immediato, ha un carattere a volte spigoloso. Deve entrare nel gruppo in pochissimo tempo, e questo non gli è riuscito. Nemmeno il calcio proposto ha convinto. Dopo l’Europeo, Spalletti ha fatto qualcosa che non gli appartiene, cercando un equilibrio con un modulo 3-5-1-1, più conservativo, perché non ha trovato quello che cercava. È andato contro sé stesso. Lui è un allenatore che vuol far giocare a calcio le sue squadre, vuole dominare. E invece, l’ultima Nazionale era di una tristezza assoluta. Forse, dopo l’Europeo, se ci fosse stata una testa pensante in federazione, qualcuno avrebbe potuto chiamare Spalletti, dirgli: ‘Abbiamo sbagliato, ripartiamo da capo’. Invece si è portata avanti questa situazione per inerzia. Poi, il sabato, prima ancora di giocare una partita importante, arriva la decisione: via Spalletti. E allora? Hai già pronto il sostituto? Lo metti in panchina subito? Il punto più grave è stato chiedere a Spalletti di non dire nulla, di tenere tutto nascosto. Gravina, in due anni, non ha neanche capito che tipo di uomo sia Spalletti: non è uno che accetta certe cose. Infatti, al primo microfono, ha raccontato tutto, dicendo ciò che Gravina non aveva avuto il coraggio di dire poche ore prima. E ha fatto benissimo. Sono cose inaccettabili. In un mondo normale, le dimissioni sarebbero automatiche. Ma Gravina, invece, conserva sé stesso, se la prende con i giornalisti, ci chiama ‘guardoni’, come se cercare la verità fosse un reato. Quello che mi fa più rabbia è l’atteggiamento generale. Se ci fosse una stampa forte, unita, che pensa al bene del calcio italiano, ci sarebbe una sollevazione: tutti i media, tutti i giorni, dovrebbero dire ‘Gravina vattene’. Ma non succede. Questi personaggi hanno già dato. Hanno girato tutte le poltrone e rappresentano solo un centro di potere che sta distruggendo il nostro calcio. E infine, coinvolgo anche il governo. Il ministro Abodi, che conosco bene, aveva fatto sperare. È stato presidente della Serie B, conosce bene queste persone. Speravo potesse incidere. Non parlo di commissariamenti, ma almeno di un segnale. Ma neppure lui riesce a trovare una via. Questo è gravissimo.”
Ieri c’è stato il “Kevin De Bruyne Day”: lo definiremmo il simbolo di una geopolitica calcistica italiana che cambia? Dove il Napoli, oggi, rappresenta un’eccellenza?
“Secondo me sì, è già cambiata la geopolitica calcistica. Negli ultimi tre anni, calcisticamente parlando, è arrivato un messaggio forte e chiaro: il Napoli c’è. Non è stato un caso isolato, non è capitato solo con Maradona o con Spalletti. No, il Napoli ha vinto due campionati consecutivi – di fatto – escludendo l’anno di transizione, e questo vuol dire che ci sono basi solide: idee, sostenibilità economica, organizzazione. Oggi Napoli è una piazza assolutamente all’altezza, se non superiore, a quelle del Nord, che hanno dominato per decenni. Il Napoli è lì, forte, chiaro, e secondo me è solo l’inizio. Perché? Perché quello che è successo in questi anni ha portato a una crescita anche economica. De Laurentiis, che tanto abbiamo criticato per la gestione familiare, ha fatto soldi veri grazie alle sue intuizioni. Penso a Kvaratskhelia, penso a Kim, a Osimhen. È uno che ha saputo comprare prima degli altri. Certo, il Napoli è cresciuto, è diventato un’industria. Ma resta una gestione familiare: lui ha fatto tutto da solo, e lo ha fatto bene. Ora può permettersi di spendere 200, forse anche 300 milioni. Non perché li ha immessi, ma perché li ha guadagnati. È all’apice del suo lavoro.”
Direttore, secondo lei, la pista che porta a un grande attaccante – si è parlato di Viktor Gyökeres, ultimamente anche di Darwin Núñez – è realmente concreta per il Napoli?
“Certo, certo. Ma io aggiungo anche Kean, che ha una clausola da 52 milioni ed è molto appetibile. Ha fatto un campionato straordinario. Io ho visto tutte le sue partite: è uno dei pochi che fa reparto da solo. Quando dici ‘palla a Kean e gol’, è la sintesi brutale di ciò che può essere il calcio. Quest’anno ha fatto dei gol alla Fiorentina in quel modo: palla del portiere, lui stoppa, salta tutti e segna. Questo è Kean. Questi tre nomi mi piacciono. Ma io rimando la palla ad Antonio Conte, personaggio centrale in questo Napoli, che ormai è al livello – se non sopra – delle grandi del Nord. E allora bisogna fidarsi di Conte. L’avete visto l’anno scorso cosa ha fatto con le sue scelte, a partire da McTominay. Se ti fa prendere un giocatore, è perché ha già in mente movimenti, ruoli, incastri. Il suo calcio è come un orologio, e ogni pezzo deve incastrarsi alla perfezione. Perciò arriverà un attaccante funzionale al suo gioco. Se mi chiedi chi prenderei io, ti dico Kean piuttosto che Gyokeres o Nunez. Ma quello che sceglierà Conte sarà comunque una garanzia.”
Ieri è stato il Kevin De Bruyne day: che operazione è stata?
“Dopo Cristiano Ronaldo, è il giocatore più forte arrivato in Italia negli ultimi vent’anni. Non è giovanissimo, ma nemmeno vecchio. E se fai un colpo del genere, se puoi investire su un ingaggio così importante, vuol dire che hai i conti in ordine. Hai le tasche piene.”
Potrebbe piacerti anche
Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.

For security, use of Google's reCAPTCHA service is required which is subject to the Google Privacy Policy and Terms of Use.